Esteri

L’INTERVISTA – L’analista geopolitico Fabbri: “È tutta scenografia, sarà sfida Biden-Trump. Nel 2024 pace con Putin”

di Edoardo Sirignano -

DARIO FABBRI GIORNALISTA DIRETTORE DI DOMINO


“Se la Corte deciderà che Trump non potrà correre, altamente improbabile, la sua battaglia comunque si esaurirà, anzi ritroverà vigore”. A dirlo Dario Fabbri, analista geopolitico e direttore di Domino.

La decisione della Corte Suprema del Colorado è sbagliata?

Difficile dirlo. È una decisione in punta di diritto, almeno per quanto concerne l’aspetto sovrastrutturale. Allo stesso tempo è parte di un lungo scontro tra una buona fetta degli apparati statunitensi e Trump. La differenza rispetto a prima è che in precedenza aveva tutto lo Stato profondo contro, agenzie e ministeri. Adesso, invece, c’è una buona fetta che non lo ha in simpatia, me neanche lo considera tanto ostile, a partire dalle posizioni in politica estera. Gli apparati, invece, temono le sue dichiarazioni e l’atteggiamento, giudicati entrambi eversivi

Quale effetto avrà l’impeachment di Biden?

Non avrà grandi effetti elettorali. Alla Camera, dove i repubblicani hanno la maggioranza, diventerebbe un processo politico. Impossibile, comunque, che Biden subisca la rimozione dall’incarico, visto che dovrebbe votare il Senato e lì non ci sono i numeri. È, piuttosto, una parte scenografica di campagna elettorale, che non avrà però incidenza sulla stessa.

Saranno ancora gli americani a scegliere il futuro della culla della democrazia o toccherà pure lì ai magistrati?

Anche nella peggiore dittatura è necessario il consenso. Altrimenti ci sono i cambi di regime. In una democrazia come quella statunitense, se la Corte Suprema decidesse che Trump non possa correre, altamente improbabile, vista la composizione di quell’organo, emergerebbe un altro soggetto pronto a veicolare le medesime istanze.

Qualcuno paragona Trump, per le vicende giudiziarie, a Berlusconi…

I paragoni tra soggetti politici di Paesi diversi sono sempre improbabili, sbagliati o meglio ancora macchiettistici. Trump e Berlusconi possono somigliare se ci piace l’aspetto scenografico, ma uno è stato il presidente di una superpotenza, l’altro di un Paese normale, che tra l’altro subisce l’influenza americana.

Qualora i conservatori dovessero vincere le elezioni, cosa cambierà in Ucraina?

Le elezioni non incidono sulla politica estera. A determinare gli equilibri, invece, sono gli apparati e non un presidente, che semplicemente racconta quanto succede. Trump, d’altronde, è già stato eletto e non è cambiato nulla con la sua presenza, né si sono verificate le promesse che aveva, in modo genuino, avanzato. La novità, invece, è che buona parte del Pentagono e del Dipartimento di Stato, a partire dal 2024, avrebbe intenzione di riaprire alla Russia.

Zelensky, intanto, ammette qualche difficoltà sul campo. Interrompendo i rifornimenti si può arrivare alla pace?

Non c’è possibilità di risolvere quel conflitto. Dura da troppi secoli per poter giungere alla pace. Gli americani, invece, intendono congelarlo e considerando che riforniscono da soli quasi tutte le forze armate e l’intelligence ucraina, nonché pagano tutti gli stipendi dei funzionari pubblici di Kiev, possono farlo.

Come giudica, invece, la strategia della Casa Bianca in Medio Oriente?

Si concentra sui cosiddetti Accordi di Abramo, ovvero creare un fronte anti-iraniano capeggiato da Israele e in parte dalla Turchia, che ha il sopravvento sulle principali monarchie del Golfo. Questo serve a Washington per disimpegnarsi dalla regione. Nonostante la guerra di Gaza, la tattica non cambia.


L’esito delle elezioni americane che impatto potrebbe avere sulla nostra politica? Potrebbe venir fuori, ad esempio, un nuovo fronte conservatore anti-Meloni?

Un cambiamento politico negli Usa ha sempre un effetto notevole sulla politica nazionale. Se gli Stati Uniti, poi, torneranno a parlare con Mosca, ci saranno delle conseguenze ancora più importanti. Dopo che i governi Draghi e Meloni si sono molto distanziati dal Cremlino, sarà interessante capire come si riavvicineranno alla Russia, quando sarà la stessa Casa Bianca a essere il primo interlocutore di Putin.


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