Politica

L’INTERVISTA – La marcia dei trattori, il sociologo Morcellini: “Ci sono sempre motivi per giustificare le proteste, ma basta attacchi a quell’Europa che ci ha salvati durante il Covid”

di Edoardo Sirignano -

MARIO MORCELLINI UNITELMA SAPIENZA


“Ci sono sempre motivi per giustificare le proteste, ma basta attacchi a istituzioni e a quell’Europa che ci ha salvato durante la pandemia. I corporativismi sono sempre una minaccia”. A dirlo il sociologo delle comunicazioni Mario Morcellini.

I trattori in marcia verso Roma. Sposa la loro causa?

Sembra un pezzo di campagna elettorale. È impressionante che quell’Ue che ci ha salvato la pelle durante il Covid, con investimenti clamorosi, finisca nel bersaglio, mentre venga risparmiato chi è a Palazzo Chigi. Dietro ogni mobilitazione ci sono delle ragioni, ma ce ne sono altrettante per dire che c’è bisogno di messaggi positivi e non di grida nelle strade.

Siamo di fronte all’inizio di una rivolta?

La rappresentatività non sembra straordinaria, pur essendo difficile fare i conti. Stiamo parlando di movimenti spontanei. Non è possibile, dunque, un’analisi statistica. Detto ciò, in altre realtà abbiamo visto di peggio. Quello che colpisce è che, a queste latitudini, tutto ciò ha uno scopo: ottenere nuovi elementi di aiuto per una corporazione sacrosanta. Ciò, intanto, è un pericolo. Dopo gli agricoltori potrebbero esserci altri a dire “noi non siamo da meno”. Gli individualismi, che in politica si traducono con la parola corporativismo, trovano un’ulteriore accentuazione in un movimento che ha fatto della comunicazione estrema la propria forma di partecipazione politica.

Come giudica chi se la prende con Bruxelles?

Chi se la prende contro le istituzioni, alla lunga, lotta contro il suo benessere.

Cosa possono fare, intanto, coloro che metteranno la faccia nella prossima competizione elettorale?

Nessuno deve sentirsi meno italiano perché cittadino europeo. Dobbiamo abituarci all’idea che una patria più grande non snatura la nostra piccola provincia sul Mediterraneo, piuttosto la valorizza. Se abbiamo due patrie siamo più sicuri contro le minacce di guerra e di terrorismo che arrivano da ogni parte. Recluderci nello spazio nazionale, invece, ci renderebbe ostaggio della violenza.

Con la vittoria della destra, la parola “nazione” torna a essere centrale…

Il nazionalismo non ha mai portato bene. È un qualcosa di diverso dall’amore per un Paese. È un’accentuazione delle differenze e degli attriti. Un danno alla nostra coscienza inquieta.

Il mondo, nel frattempo, cambia, a partire da nuove tecnologie, che non consentono una sola superpotenza…

Innovazione e formazione sono positività. Il problema, piuttosto, è considerare istituzioni come la scuola sempre centrali.

Si riferisce agli insegnanti, secondo alcuni sottopagati?

I trattori, nei fatti, avviano la corsa a chi ha più diritti. Gli insegnanti, però, aspettano da decenni. Non basterà alzare di poco gli stipendi per ridare dignità a una professione troppo spesso dimenticata. Altrimenti episodi come quello di Varese, dove uno studente ha accoltellato un’insegnante alle spalle, non saranno più un qualcosa di isolato.

La violenza è legata spesso a un mondo sempre più social. Basti pensare che il super-popolare Amadeus, sui trattori, mette in discussione finanche Palazzo Chigi…

I professionisti della comunicazione hanno un potere autonomo e specifico. Ci può stare che grandi comunicatori esprimano pareri politici, ma lo devono fare con una misura che rispetti le istituzioni. Detto ciò, queste devono tornare a farsi sentire. Uno studente che accoltella un docente fa capire come i ragazzi sono sigillati in una sola generazione. Il parere dei genitori, dei maestri e delle associazioni conta poco o quasi nulla.

Il caso Ferragni, però, è una dura batosta per il variegato universo degli influencer…

Ogni ragazzo, nel 2024, è influencer: utilizza i social per acquistare carisma, il famoso quarto d’ora di notorietà. Ig iovani puntano a costruirsi un’immagine attraverso media digitali, che li sottraggono quasi completamente al tipo di socializzazione propria della scuola e delle istituzioni tradizionali. Le stesse famiglie sembrano non funzionare più come un volta. Stupisce, ad esempio, come si sia adultizzata la violenza.

Quanto il Covid e la guerra hanno inciso su tali cambiamenti?

C’è un Covid a lungo termine, con conseguenze e criticità che si traducono in forme di disagio. Queste non possono essere giudicate nella giustificazione. Ecco perché gli intellettuali, la politica e la stessa comunicazione dovrebbero fermarsi un attimo e riflettere.


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