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L’INTERVISTA – “L’Italia al bivio come nel ’94, Giorgia centrista sembra Dc”

Fabrizio Tatarella, nipote del fondatore della destra democratica, pronostica: la Meloni sarà il riferimento degli ex democristiani.

di Redazione -


“Il sogno di Tatarella della svolta al centro è realtà. Meloni può essere il punto di riferimento per gli ex Dc”. A ribadirlo è Fabrizio, figlio di Salvatore e nipote di Pinuccio, il padre della destra democratica italiana. La leader di Fdi insieme a Raffaele Fitto sarà l’ospite d’eccezione della rassegna culturale “Agorà”, che si terrà nel pomeriggio di domani a Ceglie Messapica, in provincia di Brindisi, dove appunto sarà presentata un’opera inedita dell’unico vice premier conservatore.

È possibile ripetere quanto è riuscito solo a Silvio Berlusconi nel dopo Tangentopoli?
Ci sono tutte le condizioni per replicare il successo del 1994. Allora vincemmo con Alleanza Nazionale, portando per la prima volta nella storia repubblicana del nostro Paese, dai tempi di Cavour, la destra al governo. Stavolta addirittura c’è la possibilità di prendere il presidente del Consiglio. Sarebbe una svolta storica, considerando che l’unico vice premier vicario missino è stato Pinuccio Tatarella.

La Meloni, intanto, è stata la più applaudita nel Meeting di Comunione e Liberazione. Non rischia di diventare un premier di destra eletto con i voti papalini?
Assolutamente no! Il mondo cattolico è stato sempre molto attento e vicino alla destra. Meloni è una persona che ha una identità, ma allo stesso tempo ha a cuore determinati valori cristiani. Tutto ciò è stato compreso da Cl e fa capire come la svolta conservatrice di Giorgia sia una strategia vincente, coraggiosa e lungimirante. È stata finalmente compresa la svolta al centro predicata per anni da Tatarella.

Perché la leader di Fdi è riuscita nell’impresa, mentre l’alleato Salvini a un certo punto si è trovato un muro?
“Meloni ha caratteristiche e peculiarità che il numero uno della Lega non ha. La destra italiana e soprattutto quella meridionale, la più forte a livello di consenso, ha una storia e dei riferimenti culturali. Penso alla fondazione di cui sono vice presidente, il cui archivio è stato riconosciuto dal Mibact. Se i 5 Stelle e la Lega si sono sciolti come neve al sole, Fdi reggerà o meglio ancora potrà avere un futuro.

Cosa ne pensa dell’autonomia differenziata, considerando che suo zio è stato tra i “padri” delle Regioni?
Tatarella propose da parlamentare una legge per una Puglia a statuto speciale, perché sosteneva che le Regioni potessero avere un ruolo maggiore con un’autonomia significativa. Ovviamente vanno bilanciati gli interessi con quelli che sono i poteri dello Stato.

Molti criticano l’attuale sistema elettorale. La strada giusta, magari, potrebbe essere un ritorno al Tatarellum?
È la legge vigente in diverse Regioni a statuto ordinario. È un sistema elettorale che nasce nel 1995, a seguito del Mattarellum. Si trattava, quindi, di un qualcosa che garantiva meritocrazia, premio di governabilità, rappresentanti del territorio eletti con preferenze e soprattutto bipolarismo. Dal dopoguerra a oggi, siamo stati protagonisti di un’anomalia. Mentre in Inghilterra, in Francia e negli Stati Uniti c’è stato un blocco conservatore che si è opposto alle social-democrazie, in Italia, pur avendo avuto il più importante partito comunista, ciò non è accaduto. C’è stata, invece, la Democrazia Cristiana. I conservatori la votavano, turandosi il naso. Fratelli d’Italia, però, oggi, come voleva Tatarella, prende il posto dello scudocrociato perché riesce ad attrarre chi si riconosce in determinati valori e principi.

Fondamentale, però, è anche costruire una classe dirigente che rappresenti davvero i territori…
È sempre complicato fare le liste. La riduzione dei parlamentari, poi, ha ridotto gli spazi. C’è l’obiettivo di contemplare diverse esigenze. È stato, quindi, sacrificato qualche rappresentante del territorio per consentire l’elezione di profili di indiscusso valore. Basti pensare a Nordio o Pera. Detto ciò, non significa che nelle compagini non ci sono consiglieri regionali, sindaci, amministratori e rappresentanti del mondo delle associazioni.

Cosa ne pensa degli avversari a sinistra?
Stiamo parlando di un’armata Brancaleone, composta da disperati, che sa già di aver perso le elezioni. Anche in questo ci sono similitudini con il 1994. Non vedo molta differenza tra l’accozzaglia di Letta e la macchina dei progressisti di Occhetto che si andò a infrangere contro il Polo delle Libertà e del Buon Governo. Da allora, infatti, è nata l’esigenza della coalizione. Non è un caso che Tatarella quando andammo per la prima al governo fondò la rivista “Centrodestra”. Mentre in questo modello ci sono più cose simili che dissimili, il campo largo voluto dal Pd si distingue per mettere insieme proposte inconciliabili e contrastanti.

Vincere le elezioni in Italia non sempre significa essere premier. Non teme che Mattarella possa bloccare l’ascesa della Meloni?
Non accadrà. Le proiezioni assegnano al centrodestra una maggioranza parlamentare importante e qualificata. Sarebbe un azzardo da parte del Presidente della Repubblica non tenere in considerazione il voto degli italiani.

Non la spaventa neanche un possibile ricatto di qualche centrista in caso di maggioranza risicata?
Credo nella lealtà verso le regole che il centrodestra si è sempre dato, a partire da quella che il partito che prende più voti abbia il diritto di indicare il premier. Quando si governa, alla fine, ci sono spazi per tutti. Non credo, pertanto, che qualche centrista, per dispetti personali, possa precludere all’Italia spazi di governo e agibilità politica.


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