Editoriale

LO SBADIGLIO DI URSULA

di Tommaso Cerno -

Tommaso Cerno


L’Europa che scopre la Cina in un piovoso pomeriggio di fine marzo 2023 è una di quelle cose che ci fanno capire quanto ondivaga sia la linea politica di Bruxelles negli ultimi anni. Dopo avere imbracciato le armi della guerra e tutto il più abusato armamentario delle parole della democrazia, senza cavare un ragno dal buco, e senza pesare alcunché nella vera trattativa che potrebbe far finire la guerra in Ucraina, Ursula von der Leyen, da oggi ribattezzata “von der Cina”, pensa bene di aprire al più grande colosso economico del pianeta che fino a ieri facevamo finta non ci interessasse. Peccato che la grande decisione partorita dalla presidente della Commissione europea arrivi fuori tempo massimo. I buoi sono già scappati dalla stalla, il nuovo ordine mondiale apparecchiato da Cina, Russia e soci è lì a dimostrare in maniera tangibile l’inefficacia delle politiche economiche di un continente abituato a muoversi a passi da bradipo in un contesto di gazzelle d’Oriente. Da Mosca l’architetto di Putin ci racconta che ormai il dollaro non circola più, è tutto un fiorire di yuan e monete dei Brics. In Brasile si commercia allo stesso modo. L’India indossa il vestito della pace, forte di una potenza economica e tecnologica che la povera Europa può solo sognare. E dall’altra parte dell’oceano Joe Biden, tra un ordine di armare l’Ucraina e l’altro, inventa una legge – l’IRA – che suona come concorrenza sleale nei confronti della sua alleata Europa, attraendo a suon di sussidi, tutte le migliori imprese di Berlino e Parigi, Roma e Madrid. Ma ci conviene davvero ancora questo filo atlantismo spinto all’eccesso? Se lo chiede evidentemente anche Ursula, che si desta dal torpore di un “armi armi armi” ripetuto come un mantra e, tra uno sbadiglio e l’altro, detta ai posteri una dichiarazione d’intenti che suona come una tardiva resa ai grandi movimenti dei Paesi che un tempo chiamavamo emergenti e che invece ora semplicemente ci scavalcano con idee e progetti che la nostra mente intorpidita non riesce più a produrre. Non possiamo evitare di dialogare con la Cina, dice, fingendo di non ricordare che fino a qualche giorno fa aveva ammonito gli Stati membri dell’Unione di non appoggiare la Via della Seta di Xi Jinping. Ma solo gli stupidi non cambiano idea, direbbe la tedesca che sogna la poltrona di Stoltenberg alla segreteria della Nato . E parla di impossibilità, per l’Europa, di sganciarsi dalla Cina. O di “pace giusta per Kiev”. Insomma, è come se si fosse impadronita improvvisamente del frasario di Xi e avesse iniziato un’opera di alfabetizzazione dei leader dei Paesi membri, che finora l’hanno sentita parlare solo di armi, guerra, Russia cattiva e Zelensky da aiutare per fargli vincere la guerra giusta. Se è il modo per avvicinare l’ora della pace lo vedremo, certamente è il segnale di una leadership mai pienamente esercitata ma ora in evidente crisi di smalto, oltre che di consenso.

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