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Lo strano caso di Campobello: diventa parte civile solo dopo l’arresto del boss

di Maurizio Zoppi -


Il comune di Campobello di Mazara si costituisce parte civile in merito al processo che ha coinvolto il braccio destro di Matteo Messina Denaro. Soltanto il giorno dopo dell’arresto del capo dei capi, la giunta del sindaco Giuseppe Castiglione, cerca di togliersi dall’imbarazzo ed approva la delibera rispetto al procedimento penale noto come “Hesperia” instaurato nei confronti di Francesco Luppino ed altri gregari del clan del boss di Castelvetrano. Una decisione che poteva essere presa, quando ancora il piccolo comune del trapanese non era sotto la lente di ingrandimento degli inquirenti e i riflettori dei giornalisti. Ma la decisione del sindaco di convocare la giunta, arriva soltanto il 17 gennaio alle ore 13. Quando il capo dei capi, finita la residenza proprio nel comune di Campobello di Mazara, era già nel carcere di massima sicurezza dell’Aquila. Quando numerosi giornalisti e curiosi volevano sapere di più rispetto ai nascondigli in cui per anni “U Diabolik” ha trascorso la sua vita indisturbato sotto falso nome. Nell’operazione antimafia dei carabinieri “Hesperia”, la Dea di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio di 35 persone proprio il sei settembre scorso. La prima udienza, davanti al gup di Palermo Ermelinda Margia si terrà il prossimo 2 febbraio. Tra i nomi di spicco dell’operazione, quello del campobellese Francesco Luppino, uscito dal carcere poco più di tre anni fa, dopo aver scontato una lunga condanna per mafia. Secondo la DDA di Palermo, il braccio destro di Messina Denaro si sarebbe rimesso a lavoro per ricostituire la rete di relazione mafiose nel trapanese attraverso i consigli proprio del boss. “È un periodo intenso, pieno da un lato di gioia, dall’altro di preoccupazione per le notizie che si sono accavallate dopo la cattura di Matteo Messina Denaro. Come sindaco sono preoccupato sapendo che nell’ultimo periodo il boss ha vissuto qui, aiutato da persone che fino a ieri risultavano incensurate e insospettabili. Quindi provo gioia per questa bellissima notizia, ma anche rabbia per il coinvolgimento di miei concittadini”. Ha affermato giorni fa il primo cittadino Castiglione. La bruttura del disordine urbanistico, della violazione dei diritti, delle prepotenze della mafia che ha preso spesso il sopravvento sono la fotografia ad oggi del piccolo paese trapanese. Diecimila abitanti circa, quattro quartieri, un’economia basata sull’olivicoltura è la visione superficiale del paese. Guardando pero’ più a fondo, il piccolo paese appare come un paradigma delle storture di una terra piegata dalla mafia e dal malaffare. Da queste parti l’abusivismo rappresenta una costante. Basta osservare il borgo marinaro di “Tre Fontane”, frazione di Campobello di Mazara, dove vi si trova un agglomerato di palazzine mai completate. Campobello di Mazara è un medio centro agricolo, che scivola verso il mare. Punto di arrivo di diversi migranti, che trovano lavoro nei campi per la raccolta di olive, ha visto insediarsi una mafia rurale che negli anni si è evoluta. Una zona del trapanese in cui da sempre si sono incrociati per numerosi inquirenti, mafia, massoneria e servizi deviati, segnati da diversi importanti omicidi: da Ciaccio Montalto a Mauro Rostagno fino alla Strage di Pizzolungo.

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