Giustizia

L’ombra dell’orrore giudiziario sulla condanna di Stasi

di Giuseppe Ariola -


La riapertura delle indagini sull’omicidio di Chiara Poggi fanno emergere lo spettro di un errore, o meglio, di un orrore giudiziario

I tanti convinti che nel caso di Garlasco, con la condanna in via definitiva di Alberto Stasi sia stato commesso un errore giudiziario potrebbero rischiare di doversi ricredere, almeno in parte. In tal caso, di certo in peggio. Con la riapertura delle indagini sull’assassinio di Chiara Poggi inizia a intravedersi un quadro fosco che, se confermato, farebbe infatti emergere non un errore, ma un orrore giudiziario. L’ipotesi che Stasi, benché condannato “oltre ogni ragionevole dubbio”, elemento necessario per stabilire la colpevolezza di un imputato e destinarlo alle patrie galere, possa essere in realtà innocente fa già rabbrividire la pelle di per sé, ma immaginarlo addirittura vittima di una macchinazione è qualcosa che va ben oltre. Eppure, se l’indagine su Garlasco è stata riaperta è alla luce di quanto emerso in un’altra inchiesta nella quale sono indagati per corruzione alcuni carabinieri di Pavia e anche il magistrato che nel 2017, in qualità di procuratore, chiese l’archiviazione, poi accordata, per Andrea Sempio. Evidentemente sotto la lente di ingrandimento degli inquirenti è finito molto più di un caso isolato e si vuole far luce su anni ed anni di attività della Procura di Pavia. Certamente non solo per verificare eventuali errori giudiziari, ma per acclarare l’esistenza di un sistema oscuro che potrebbe aver inquinato la regolare attività giudiziaria per un lungo periodo. Alla luce di un simile quadro, emergono due differenti profili, uno circoscritto al solo caso specifico di Garlasco e un secondo il cui perimetro è, invece, molto più ampio perché riguarda il rapporto tra tutti i cittadini e la giustizia. Se viene riaperto un caso per il quale c’è un condannato in via definitiva – lo ripetiamo, “oltre ogni ragionevole dubbio” – è evidente che qualcosa non funziona e non ha funzionato. E che dietro il caso specifico ci sia o meno qualcosa di torbido, la domanda è: come dovrebbe sentirsi un cittadino che mette piede in un’aula di Tribunale per essere giudicato? Una questione antica che, a vario titolo, torna ciclicamente di attualità ponendo l’accento sul fatto che le pagine scritte dalle procure o nelle aule giudiziarie non sono affatto Vangelo. E le recenti novità sul caso Garlasco lo dimostrano, perché una cosa è certa: oltre a tutti gli acclarati svarioni ed errori investigativi, o la Procura di Pavia sta sbagliando oggi oppure lo ha fatto anni fa. In tal caso, ci sarebbero un probabile innocente in carcere e un presunto colpevole a piede libero, per incompetenza o per motivi addirittura peggiori. Un orrore giudiziario insanabile.


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