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Attualità

L’ultima baby gang: giovani violenti per scelta

Contesti familiari "normali", in loro una rabbia che deriva nella brutalità

di Giorgio Brescia -

Un frame tratto da un video dell'aggressione al 22enne che è stato accoltellato da un gruppo di coetanei, riportando lesioni permanenti a una gamba. È accaduto a Milano nella notte dello scorso 12 ottobre


La notizia del 22enne “bocconiano” in fin di vita a Milano è come un macigno: giovani violenti per scelta nella ultima baby gang arrivata alle cronache.

L’ultima baby gang alle cronache

Una aggressione brutale: la richiesta di cambiare una banconota da 50 euro, la violenza improvvisa, pugni, calci e due coltellate nella notte del 12 ottobre in corso Como. Cinque giovani fermati: tre 17enni e due 18enni, tutti residenti a Monza. Contesti sociali tranquilli, famiglie normali. Genitori sotto choc. Da loro, parole che sono brandelli di una verità a loro mai nota. “Siamo distrutti, non sapevo che girasse con il coltello”, “Preghiamo anche per quel ragazzo ferito”, “Spero che capisca”. Brutali, quelle degli arrestati raccolte dalle intercettazioni. Il vanto della bravata, l’auspicio che il ferito muoia. I magistrati parlano di “disumana indifferenza”.

Violenti per scelta

Dietro, il tessuto più ampio delle baby gang di Monza, un fenomeno crescente. Una maxi-operazione recente, basata sull’analisi dei social, ha portato all’arresto di sei giovani, con sequestro di coltelli, droga e perfino manganelli telescopici. Ma questo caso non è soltanto cronaca. È uno specchio straniante. Giovani cresciuti in oratorio, dentro famiglie “perbene” che sembrano dare tutto ma non sanno cosa fare della rabbia che i loro figli trasformano in arma. La fotografia crudele di un disagio non segnato da povertà estrema ma da un vuoto educativo, relazionale, valoriale.

Il rischio aumenta

Non basta arrestarli. Perché il rischio aumenta. I dati Demopolis indicano che un adolescente su tre è pessimista sul futuro, e la percentuale sale al 43% nelle periferie più fragili. Molti giovani non trovano una direzione. Cercano appartenenza. e forza. E trovano la violenza, perché è rapida, riconoscibile, imitabile.

La Giornata dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza celebrava ieri i diritti fondamentali. Ma le cronache mostrano un problema più grande. I diritti esistono. Mancano i contesti che li proteggono e gli adulti che li rendono credibili.

Assenti i percorsi che tengono lontani i ragazzi dal gusto del branco, dal richiamo dell’arma facile, dall’idea che la vita sia una sfida da vincere con la forza. Il caso di Milano non è solo un fatto di cronaca, la baby gang dei violenti per scelta non un episodio isolato. È uno specchio ove c’è la rabbia di una generazione che non sa dove andare. C’è la paura degli adulti che non sanno cosa fare. C’è una scuola che non regge l’urto. C’è una società che parla di diritti, ma non prepara i ragazzi a rispettarli.

Non solo disagio

In Italia la crisi giovanile non è più solo disagio: è esplosiva. Il tasso di disoccupazione tra i 15‑24 anni è arrivato nell’aprile scorso al 19,2%. Nel frattempo, 1,4 milioni di giovani (15‑29 anni) non studiano, non lavorano, né si formano. Sul fronte della criminalità, un’operazione nazionale ha portato all’arresto di 73 persone, di cui 13 minorenni, coinvolti in baby gang che trafficavano armi e droga.

La Criminalpol registra anche un altro salto: i minorenni autori di omicidi sono passati dal 4% all’11% nel 2024. Un mix inquietante entrato da mesi nelle cronache quotidiane: esclusione economica quando non è solo autoisolamento sociale, senso di inutilità, violenza organizzata. Non basta celebrare i diritti dei ragazzi: servono risposte reali, investimenti strutturali, comunità coese.

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