Attualità

IN GIUSTIZIA – L’università e le leggi

di Francesco Da Riva Grechi -


La grande ondata di proteste nelle università del mondo

La storia si ripete, si sente dire spesso eppure si può ritenere che questo accada solo in parte e a chi giudica passato e presente allo stesso modo. Per la prima volta dalla fine della seconda guerra mondiale assistiamo a conflitti locali e regionali che rischiano di riportarci alle catastrofi del secolo scorso. L’ordine pacifico che le potenze vincitrici avevano costruito con le Nazioni Unite è andato incrinandosi fino praticamente ad esaurirsi. In Europa abbiamo dato dei colpi importanti a quell’ordine e stiamo cercando di crearne uno nostro continentale con il grave handicap della mancanza della Gran Bretagna.
Chi scrive non è uno storico e dunque non procedo oltre. La realtà in occidente offre tuttavia un elemento di novità molto rilevante e probabilmente dirompente. Mi riferisco all’ampiezza della protesta studentesca, in Europa, negli Stati Uniti e, ovviamente, in tutto il mondo islamico. I giovani studenti hanno scelto i palestinesi senza tentennamenti e con una radicalità assolutamente inedita, almeno in questo XXI° secolo. La legge dei tribunali e delle polizie li sgombera piuttosto duramente un po’ ovunque ma la protesta contro lo Stato d’Israele sembra montare sempre più. Sono convinto che sia un bene che i giovani scelgano Davide anziché Golia perché se è vero che non vi è la minima pietà in egual modo da ambo le parti, il divario militare è troppo ampio. La legge del Medio Oriente è dunque quella del più forte con Israele ed i suoi alleati americani che stanno schiacciando il nemico con ogni mezzo. Tribunali e polizie, secondo gli studenti, seguono la stessa legge anche se con qualche codice in più che dovrebbe garantire la legittimità dell’uso della forza da parte degli Stati occidentali contro i loro giovani definiti terroristi, criminali ecc. La naturale inclinazione a ribellarsi nei giovani e l’abitudine alla riflessione ed al dialogo, più o meno abituale nelle sedi Universitarie, hanno fatto esplodere una protesta destinata a durare a lungo. Per fortuna dalla parte dei più deboli, che senza dubbio sono i palestinesi. Si starebbe, sempre a parere di chi scrive, precostituendo un antidoto, nelle opinioni pubbliche occidentali, a partire appunto dalle università, contro l’uso smisurato e senza pietà della forza militare a prescindere dalla ragione o dal torto di chi la usa. E questo antidoto può servire anche per gestire, dal punto di vista delle democrazie, i conflitti, potenzialmente più gravi, che abbiamo già in Europa, in Asia e che il russo Putin non finisce di alimentare.
Soprattutto se la guerra in Ucraina dovesse finire con una sua vittoria (seppure necessariamente parziale) e quindi con uno schiaffo sonoro alle democrazie occidentali, la voce degli studenti dovrà ricordare a chi governa l’importanza di un futuro di pace proprio nelle nostre vecchie democrazie, dove la libertà di opinione – che talvolta viene compressa barbaramente anche nelle università italiane – per contare deve esprimere la volontà di usare il dialogo anziché la forza militare soprattutto quando si avesse, entro certi limiti, ragione. E questo a prescindere dalla considerazione che Israele sia, almeno formalmente, una democrazia. Quello che conta è un’opinione pubblica che sia contro l’uso violento della forza militare per impedire nuove catastrofi anche in Europa e in occidente.


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