Per Abbonati

L’uomo d’onore “riservato” le protezioni dei massoni e quel giallo del pc sparito

di Maurizio Zoppi -

CATTURATO IL BOSS MATTEO MESSINA DENARO, IL MOMENTO IN CUI VIENE PORTATO VIA DALLA CASERMA


Numerose sono le zone grigie e i punti di domanda che a seguito dell’arresto di Matteo Messina Denaro aspettano risposta. Il brillante lavoro degli inquirenti e dei carabinieri che hanno messo fine alla latitanza trentennale del boss di Castelvetrano, ad oggi sembrano essere concentrati sulla rete di relazioni che l’ultimo capo dei capi ha avuto in questi decenni. Relazioni che a quanto pare investivano “la borghesia mafiosa” come ha affermato il procuratore capo di Palermo, Maurizio De Lucia, ed anche la massoneria. Massone era il medico che gli aveva consentito di curarsi, facendolo passare per il suo clone, Andrea Bonafede. Massone, o comunque socio di massoni, era il signore che gli prestava quello che secondo gli investigatori era diventato uno dei bunker. Massoni sarebbero almeno due dei medici che lo hanno tenuto in cura in questi anni di malattia, tra il cancro e un problema agli occhi. Nel frattempo, con l’arresto proprio del suo avatar, ossia di colui che ha prestato l’identità per anni a Messina Denaro, è balzata alle cronache una nuova parola chiave: “Uomo d’onore riservato”. Andrea Bonafede, quindi, era stato creato come mafioso, ma all’insaputa del resto dell’organizzazione. Per l’ex presidente della commissione Antimafia nazionale: “Gli affiliati all’orecchio, e quindi in maniera riservata sono un modus operandi tipico dell’ambiente massonico. In questa vicenda quotidianamente stanno affiorando, sempre più personaggi vicini all’ambiente esoterico e di fratellanza”. Afferma a L’identità Nicola Morra.

 

Il massone non in lista

 

Proprio qualche giorno fa, sulle pagine di questo giornale, abbiamo scritto nero su bianco sulla vicenda che ha coinvolto proprio Nicola Morra rispetto alle audizioni “riservate” agli esponenti delle logge massoniche trapanesi, tenute alla Prefettura di Trapani. Audizioni “blindate” che pero’ sono sfociate in una denuncia da parte dell’ex senatore a causa di anomalie segnalate e inviate alle forze dell’ordine trapanesi. “Di sicuro il dottor Salvatore Monteleone, quello che era appoggiato alla porta, che quasi stava facendo cadere, non aveva titolo a stare là. Inoltre erano presenti numerosi personaggi fuori la sala in cui eravamo riuniti. Ad oggi aspetto ancora delle spiegazioni”, afferma Morra.

 

Il pc e le pen drive spariti

 

Anche Carlo Pulici nel 2022 è stato ascoltato dalla commissione Antimafia nazionale, fornendo anche dei documenti che hanno amplificato il dubbio: “Che fine hanno fatto i dispositivi elettronici del finanziere?”. La vicenda si colloca all’interno di un contesto più ampio che ha visto Pulici venire fuori sempre assolto da numerose vicissitudini giudiziarie. Nel corso di uno dei processi a suo carico era emersa la questione del pc e delle chiavette usb che Pulici non trovò nel suo ufficio quando, dopo essere stato allontanato dalla Procura di Palermo – a firma di Francesco Lo voi e Roberto Scarpinato – in seguito alle indagini che lo riguardavano, fu autorizzato a recuperare il materiale di sua proprietà.

 

Pulici e le relazioni di servizio

 

Ma andiamo con ordine: la prima denuncia ai danni del finanziere scatta il 4 agosto 2015 per molestie telefoniche alla moglie di un collega, l’indagine poi verrà archiviata. A quanto pare, al rientro delle vacanze estive, al collaboratore di Teresa Principato, veniva negato l’accesso al tribunale, quindi di recarsi al lavoro. Il 4 dicembre dello stesso anno, Carlo Pulici invia una nota al comando provinciale della guardia di finanza e scrive quanto segue: “Il sottoscritto…Pulici Calogero in forza al Comando di intestazione, rappresenta che da circa 6 anni con ordine di servizio, è stato assegnato all’ufficio della dottoressa Teresa Principato, procuratore aggiunto presso la Procura di Palermo e con la stessa mi sono occupato delle indagini su mafia con particolare riferimento alla cattura del latitante Messina Denaro Matteo…sono stato contattato dal capitano Napoli, ufficiale della sezione, che alla presenza del Col. Maggio, mi rappresentava di avere ricevuto ordini dal col. Francesco Mazzotta, di comunicarmi di non recarmi per nessun motivo presso l’ufficio della dottoressa Principato ed anzi presso gli uffici della procura più in generale…con la presente chiedo di essere autorizzato a prelevare quanto da me detenuto presso gli uffici della procura poiché di mia personale proprietà soprattutto in relazione alla riservatezza dei dati contenuti nel computer e nelle due pen drive…dopo numerose e reiterate richieste per venire in possesso dei miei effettivi…rappresento che ad oggi non mi è stato possibile recarmi nel predetto ufficio per rientrare in possesso dei miei effetti personali…chiedo che un militare mi consegni quanto detenuto presso il predetto ufficio sito al secondo piano del Palazzo di Giustizia stanza n.56”.
A seguito della nota, l’11 dicembre, l’appuntato veniva autorizzato a recarsi in ufficio, scoprendo che “alla presenza dell’assistente di nome Rita, che per adesso collabora con la dottoressa Principato…ci siamo resi conto che il pc non era più conservato…e che dal portapenne era stato asportato un mazzo di chiavi legate con un anello metallico al quale erano ancorate anche due pendrive…veniva contattato il signor Francesco Petruzzella, responsabile del settore informatico della procura, al fine di verificare se lo stesso avesse conservato il tutto…ricevendone risposta negativa… di quanto sopra è stata avvisata anche la signorra Palumbo Maria Grazia che si è resa disponibile a verificare la presenza di quanto non rinvenuto tra oggi pomeriggio e nella giornata di domani ed a comunicarmi l’esito della ricerca”.

 

L’indagine archiviata

 

L’indagine partita in merito alla sparizione degli oggetti informatici, era stata archiviata dalla Procura con la formula degli atti non costituenti notizie di reato che non prevede la valutazione di un giudice per le indagini preliminari. Il fascicolo, però, successivamente, riguardando un fatto avvenuto nella stanza di un magistrato in servizio a Palermo, fu giustamente trasferito per competenza a Caltanissetta. Il 9 settembre scorso il giudice per le indagini preliminari, Valentina Balbo ha disposto l’archiviazione, considerando che il finanziere “Pulici non aveva sospetti su alcuno… le investigazioni suppletive indicate dall’opponente appaiono del tutto superflue…”.

“E’ impossibile che all’interno delle stanze del tribunale di Palermo spariscano degli oggetti informatici contenenti dati sensibili – sostiene Morra -. O qualcuno ci dice che fine hanno fatto il pc e le pen drive, oppure se si ritiene la denuncia di Pulici falsa, che venga indagato”.

Torna alle notizie in home