Politica

Ma la vera barca alla deriva è proprio il governo italiano

di Redazione -


Fare finta di nulla. È questo il nuovo mantra del governo nero-nero, con sfumature verdazzurre. Si vede plasticamente con la questione migranti. Qualche giorno fa è stata presentata una proposta di piano per affrontare l’ennesima crisi (politica) legata ai flussi migratori. Si tratta di una riunione straordinaria richiesta da Macron, all’indomani del pasticcio Ocean Viking. La lettura della maggioranza è più o meno questa: “la riunione c’è perché finalmente l’Italia ha mostrato i muscoli con le ONG (Panorama li sbatte in prima pagina come i “Nuovi pirati”). Macron al primo sbarco è stato attaccato in patria (da Le Pen e soci) e ha chiamato in soccorso la Commissione, che si è precipitata al suo capezzale”. Bene! Festa finita per le ONG, l’Italia non sarà più l’approdo di mezza Africa e possiamo ricominciare a dirci una potenza ascoltata e rispettata. Poi però c’è la realtà e in quel luogo, semi sconosciuto a molti politici, le cose stanno in modo alquanto diverso. È vero che la Commissione si sia riunita su impulso di Macron, ma lo ha fatto per dare innanzitutto seguito alla sua proposta, sicuramente eccessiva, di rompere ogni accordo di ricollocamento con l’Italia. La Commissione, al solito, cerca di mantenersi in equilibrio, dacchè non sono pochi i paesi che sono su una linea simile a quella dell’Italia. Peccato, però, che questi siano stati storicamente i responsabili della mancanza di solidarietà continentale. Così, mentre all’opposizione e al governo Meloni e Salvini inneggiavano a Orban, il medesimo si guardava bene di tendere una mano ai suoi entusiasti sostenitori, anzi. Eppure, leggendo il piano per quello che è e non per come piacerebbe al Governo che fosse, si sente aria di rimettere in riga non le ONG, quanto i paesi che non danno attuazione al vero Piano sulle migrazioni varato dal Consiglio Europeo del 22 giugno. Vediamo i tre pilastri, in venti punti. Il primo dichiara lotta ai trafficanti, il minimo sindacale, indicando la via della collaborazione con i paesi della sponda Sud, maggiore collaborazione con le organizzazioni internazionali e l’incremento delle vie d’accesso legali, poiché la rotta mediterranea è affollata ma soprattutto pericolosa. In Italia si potrebbe leggere con onestà intellettuale così: richiesta di cambiare la Bossi-Fini, rendersi disponibile alla collaborazione multilaterale, magari firmando finalmente il “Global Compact per le migrazioni sicure, regolate e ordinate”, collaborare davvero con le Nazioni Unite, anche quando queste denunciano le condizioni di detenzione dei campi libici. Il secondo pilastro propone un “approccio più coordianato nelle operazioni di ricerca”. Altro che messa al bando delle ONG, qui c’è un esplicito riconoscimento politico, ovviamente con regole condivise, una soluzione che già adottò il ministro Minniti. Il terzo pilastro richiama all’ordine i paesi riottosi per “l’attuazione del meccanismo volontario di solidarietà”, un tipico ossimoro in europeese, siglato appunto il 22 giugno scorso. Cosa ci sia da festeggiare per i nostri governanti non si capisce e, infatti, Salvini tace. Del resto, se la risposta deve essere europea, bisogna chiedersi quale sia la domanda. Perché c’è molta differenza se si chieda di salvare donne, uomini e bambini dai naufragi, visto che dal 2014 a oggi sono annegate nel nostro cimitero liquido 21mila persone, più di sei al giorno, oppure di dimostrare che i muscoli esibiti possano risolvere d’improvviso una questione epocale. E così, mentre la barca del governo italiano vaga senza meta alla ricerca di un approdo che la conforti, per fortuna le imbarcazioni vere della Guardia Costiera Italiana hanno salvato nelle ultime settimane quindicimila naufraghi, senza ONG in mare, rendendoci orgogliosi, almeno loro, del nostro Paese e della nostra autentica identità.


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