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Napoli capitale della cultura “Ha fatto più investimenti di tutti”

Dario Franceschini s’è congedato dal ministero della Cultura e, per farlo, ha scelto Napoli “che ha investito più di altre città nel settore”. Se si è chiusa un’epoca, lo dirà solo il tempo...

di Giovanni Vasso -

Dario Franceschini ©imagoeconomica


Al commiato dopo otto anni, Franceschini premia il capoluogo partenopeo. L’ultimo atto il maxi finanziamento per Pompei: “È una storia di riscatto”

Dario Franceschini s’è congedato dal ministero della Cultura e, per farlo, ha scelto Napoli “che ha investito più di altre città in cultura”. Se si è chiusa un’epoca, lo dirà solo il tempo. E, magari, lo confermeranno le urne di settembre. Pochi giorni fa, il ministro ha preso parte alla Conferenza dei direttori degli Istituti italiani di cultura che si è tenuta al Teatro San Carlo di Napoli. È stata l’occasione del commiato, dopo che la crisi del governo Draghi s’è dimostrata irreversibile e il Presidente Sergio Mattarella ha suonato il triplice fischio finale (anticipato) della legislatura.

Franceschini ha affermato: “Quando ho iniziato il mio lavoro di ministro della Cultura mi sono dato come obiettivi due cambiamenti: spiegare che investire in cultura, non è solo un dovere morale e costituzionale, ma anche un grande investimento economico per il Paese. E mi pare che in questi anni sia maturata complessivamente e trasversalmente questa consapevolezza e lo dimostra il fatto che siamo il Paese che ha destinato alla cultura di più rispetto agli altri recovery plan nazionali con 7 miliardi. Il secondo obiettivo è la diplomazia culturale. L’Italia nel mondo è riconosciuta come una superpotenza culturale, però siamo un Paese poco in grado di essere orgoglioso delle cose che funzionano e su questo dovremmo imparare dai nostri cugini francesi”. Quindi ha sottolineato: “Mi fa piacere terminare questo mio lungo percorso da ministro qui a Napoli che ha investito più di altre città in cultura e di concluderlo, con voi direttori degli Iic, che siete stati l’immagine dell’Italia nel mondo nella parte più bella, importante, e caratterizzante del nostro Paese”.

Dario Franceschini è rimasto in sella al Ministero per quasi otto anni, nonostante i cambi di denominazione e la pausa del primo governo Conte, quello “gialloverde” a trazione M5s-Lega. Il suo “regno” non s’era aperto sotto i migliori auspici. Pochi giorni dopo il giuramento del governo Renzi, a febbraio 2014, che lo aveva nominato alla guida del dicastero dei Beni e attività culturali e turismo, Franceschini ebbe un infarto durante una visita istituzionale. L’otto marzo 2014, l’ex segretario Pd si trovava a Palmanova, in Friuli, in visita alla Caserma Ederle. Ebbe un malore e tentò di resistere finché si resero necessari i controlli in ospedale ad Udine. Dove gli fu riscontrata una sindrome coronarica ma l’intervento tempestivo dei sanitari riuscì a evitare ulteriori conseguenze. Da allora, per fortuna, nessun altro intoppo. Nemmeno la caduta di Renzi, fu confermato infatti da Paolo Gentiloni. Fino a marzo 2018, con l’irruzione sulla scena politica del M5s e il primo governo pentastellato in coalizione con la Lega di Salvini. Il Conte I, come noto, non durò oltre l’estate dell’anno successivo. Ma il Papeete a Salvini non portò fortuna e l’avvocato del popolo si ritrovò a guidare un nuovo governo di coalizione ma con il centrosinistra. Che riportò Dario Franceschini in sella al “suo” ministero dei beni e delle attività culturali. Poi arrivò Mario Draghi che lo confermò alla guida del dicastero “alla Cultura”.

Non è stato sempre tutto rose e fiori. Alcune cose non sono andate. Il progetto della Netflix della Cultura, per esempio, nonostante gli annunci roboanti e le risorse messe a disposizione non è mai partito. Inoltre il cinema italiano è ancora in crisi, nerissima come quella del teatro, dovuta (anche) al Covid. E lo stesso ministro, nelle scorse ore, ha annunciato di aver rimesso mano al Fus, al fondo unico per lo spettacolo. Ma Franceschini ha legato il suo nome a quello di Napoli. Non si contano le visite da ministro nel capoluogo campano. Già in tempi non sospetti, nel 2017, aveva lanciato l’idea di farne “capitale mondiale” del turismo. Ci sono ancora cinque anni di tempo ma, per il momento, ha portato in città la conferenza dei ministri della cultura dell’area euro-mediterranea portando a Napoli un’iniziativa che ha richiamato in città, come ha riferito il Ministero, “quarantuno delegazioni rappresentative dei Paesi dell’area, delle istituzione europee, delle organizzazioni internazionali e delle Ong di maggior rilievo”. Da Napoli è partito un manifesto per la collaborazione culturale, ambientale e diplomatica tra i Paesi dell’Europa, del Medio e Vicino Oriente e del Nord Africa. Rose, fiori e qualche spina. Come quelle che gli ha rifilato, in più occasioni, il governatore della Regione Campania Vincenzo De Luca. Una polemica innescata, a suo tempo, dalla critica dell’ex sindaco sceriffo di Salerno ai tempi della burocrazia ministeriale e dagli attacchi ad Annalisa Cipollone, già funzionario dell’ufficio legale del Mic, che, invece, Franceschini non solo difese, accusando l’avversario di “sessismo”, ma addirittura ritenne di promuovere a capo di gabinetto. A scavare nel passato si trovano altre frizioni “locali”. Come nel 2015 quando Franceschini fu destinatario di una lettera dell’allora sindaco Luigi de Magistris, per una volta tanto “appoggiato” addirittura da Antonio Bassolino, che lamentava il declassamento operato dal Mibact ai danni dei teatri di Napoli.

A maggio di quest’anno, Dario Franceschini, è stato nominato cittadino onorario di Pompei. Ottenne le chiavi della città famosa in tutto il mondo per il suo parco archeologico e commentò così il riconoscimento ottenuto: “Quella di Pompei è una storia di riscatto che ha permesso di passare dai crolli di qualche anno fa, all’esempio virtuoso di investimento e valorizzazione positiva dei fondi europei. Una bella storia di successo che nel futuro prossimo avrà ancora molto da raccontare al mondo intero”. Dunque ha spiegato: “Pompei è la dimostrazione per l’Italia intera che quando le istituzioni credono fino in fono in un progetto, lavorano e fanno squadra, ottengono dei risultati inimmaginabili. Questo dobbiamo tenerlo ben presente anche adesso per affrontare e vincere la sfida dell’investimento dei fondi del Pnrr, facendo nei tempi e seguendo le procedure, tutto quello che ci siamo impegnati a fare”.

E proprio a Pompei e al suo circondario ha dedicato l’ultimo atto della sua carriera da ministro della Cultura, almeno finora. Ha infatti delegato il viceministro Lucia Borgonzoni alla firma di 14 interventi, per un ammontare economico complessivo pari a circa 73 milioni di euro, che ricadono nel Cis Vesuvio-Napoli-Pompei.


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