Attualità

Monfalcone: nella piccola Teheran d’Italia fra il burqa e la jihad in piazza

di Domenico Pecile -



In piazza al grido di “Allah Akbar” e “Morte a Israele”. Giovani e anche qualche minorenne. Cento, forse centocinquanta. Bandiere palestinesi, ma pure qualcuna rossa della sinistra radicale che ha messo il cappello sulla rabbia islamista. A chiedere l’autorizzazione della manifestazione alla questura è stato infatti un ex militante della Fiom da cui si è era staccato (“a seguito dei continui cedimenti sulla linea sindacale”) per aderire all’Usb, Unione sindacale di base. Per Anna Maria Cisint, sindaco di Monfalcone, quinta città del Fvg per numero abitanti e quarta per il Pil, dove la presenza islamica rappresenta oltre il 30% della popolazione, quel raduno in centro città, a due passi dal Duomo, lo scorso 27 ottobre, è la conferma del “processo di islamizzazione in atto che sto denunciando da tempo. I segnali della deriva islamista ci sono tutti”. Il sindaco racconta che di recente ha parlato con una donna bengalese di cui, ovviamente, non rivela generalità e indirizzo per tutelarla da probabili vendette della sua comunità. Questa le ha riferito che “quando a Monfalcone arriva qualche connazionale in cambio dell’aiuto nel trovare un’abitazione deve garantire che le donne escano di casa rigorosamente con il velo integrale. Non a caso per le strade della città incontriamo sempre più giovani islamiche che lo indossano mentre anni fa questo costume e era molto meno diffuso”.


Incurante dei continui attacchi, consapevole che lo Stato ha un atteggiamento cerchiobottista visto che da un lato deve o dovrebbe garantire sicurezza e ordine, dall’altro mantiene un occhio di riguardo nei confronti di Fincantieri partecipata dallo Stato, che annovera tra le sue maestranze, spesso sottopagate, migliaia di bengalesi. “Così – aggiunge amara la Cisint – Monfalcone è diventato il dormitorio di Fincantieri”.
Ma lei non si dà per vinta. E annuncia una sorta di controffensiva perché “farà di tutto per evitare la sostituzione etnica che alcuni fra i più facinorosi di loro invocano apertamente”. Insomma, “è arrivato il momento di lanciare messaggi chiari”. Due le iniziative in serbo. La prima riguarda la diffusione di un provvedimento che vieti l’utilizzo del velo integrale nei luoghi pubblici, “come avviene in diverse parti Europa anche governate da coalizioni di centro sinistra”. La seconda punterà ad approfondire cosa avviene all’interno dei centri culturali islamici che spesso fungono anche da moschee. “Dobbiamo capire – insiste – se in quei luoghi, vere zone grigie, si attua anche un indottrinamento alla radicalizzazione islamica. Mi chiedo ad esempio se quelle decine e decine di ragazzi che urlavano “Morte a Israele” inneggiando ad Allah e senza alcuna parola o slogan di condanna nei confronti dei terroristi di Hamas fossero stati opportunamente indirizzati da qualche loro predicatore. I segnali della loro radicalizzazione sono tanti. Mi preoccupa pure la prova di forza per cui il venerdì sera e il sabato in centinaia si riversano in piazza della Repubblica, che ospita anche il municipio, per dimostrare che sono in tanti, organizzati e coesi. Per me si tratta di un chiaro atto di sfida, di appropriazione di luoghi per noi simbolici, un palese messaggio che ci lanciano”. Senza contare l’incipiente presenza nelle scuole dell’infanzia e in quelle primarie dove in tante classi la presenza di bambini islamici è nettamente predominante”. La Cisint si dice certa che Monfalcone stia assistendo a una “progressiva, arrogante islamizzazione” della presenza degli stranieri, il tutto con l’ammiccante “consenso di diversi settori della sinistra”.


Infine, lo sfogo. “Tutto questo è generato da Fincantieri, azienda di Stato. Mio padre è morto per l’amianto come moltissimi operai di Fincantieri. Qui c’è il record di mortalità da amianto. Anche mia mamma ha le placche. Per questo sono particolarmente attaccata alla realtà navale, ma anche arrabbiata per come sono stati gestiti questi flussi immigratori con il solo scopo di sfruttare mano d’opera a basso prezzo”.


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