Nella Striscia tornano i camion carichi di aiuti umanitari
È da domenica mattina che la fila dei camion carichi di aiuti umanitari ha iniziato a snodarsi dal confine di Rafah, in Egitto, verso Kerem Shalom, valico tra Israele e la Striscia di Gaza. Altri camion stanno entrando dalla Giordania dal valico di Zikim, a Nord. Nei pacchi ci sono cibo, medicine indispensabili e qualche materiale edile. Sarà compito delle organizzazioni umanitarie e dell’Onu distribuirli alla popolazione civile. Il monopolio della discussa Gaza Humanitarian Foundation, che operava al centro Sud sotto la guida israeliana e statunitense, è finito.
Come arrivano i camion di aiuti umanitari e il cessate il fuoco diurno
Secondo le nuove disposizioni dell’esercito israeliano, i camion con gli aiuti umanitari devono passare attraverso speciali corridoi umanitari, aperti dalle 6.00 alle 23.00, per raggiungere i territori ancora sotto il controllo di Hamas, lungo la costa: Al-Mawasi, Deir al-Balah e Gaza City, Qui, fino a nuove disposizioni, verrà osservato un cessate il fuoco diurno dalle 10.00 del mattino alle 20.00 per facilitare la distribuzione degli aiuti. Altre derrate alimentari vengono paracadutate in queste ore da aerei di Israele, Giordania ed Emirati Arabi Uniti.
Notizie su un possibile coordinamento tra Israele ed Egitto per la ripresa degli aiuti umanitari nella Striscia avevano iniziato a filtrare fin dagli ultimi giorni dei colloqui di Doha, mentre le delegazioni erano in attesa di una risposta finale di Hamas. Dopo il ritiro israeliano e statunitense dal Qatar, non è chiaro se i negoziati siano falliti: un cessate il fuoco diurno, di fatto, c’è. Eppure, sia Trump che Netanyahu lasciano sperare ben poco. “Vogliono morire”, aveva detto il presidente americano nel weekend riferendosi alla leadership di Hamas a Gaza. “Distruggeremo Hamas”, gli aveva fatto eco il primo ministro Netanyahu. Dichiarazioni conflittuali erano inizialmente arrivate da Egitto e Qatar, che, in una dichiarazione congiunta, avevano parlato di una semplice pausa dei negoziati a Doha. Ieri, però, il presidente egiziano Abdel-Fattah el-Sissi ha rivolto un appello accorato senza precedenti al presidente Trump chiedendogli di fare ogni sforzo possibile per mettere fine a questa guerra.
Le nuove strategie di Hamas e Israele
È difficile comprendere quali possano essere gli obiettivi di Hamas in una situazione come quella attuale, con il 75% del territorio della Striscia sotto il controllo dell’esercito israeliano e la malnutrizione diffusa tra la popolazione, già decimata da oltre 600 giorni di bombardamenti aerei e invasione da terra. Il giornalista israeliano Emanuel Fabian, che in queste ore ha avuto la possibilità di entrare a Gaza a bordo di un carro armato, descrive un’avanzata contro infrastrutture, strade ed edifici minati, più che contro combattenti, disposti a uscire dai tunnel solo per piccole sortite.
Non è chiaro nemmeno per quale motivo Israele abbia deciso il cambio di rotta che ha permesso al flusso degli aiuti di riprendere. Domenica sono state rimesse in funzione anche le condutture dell’impianto di desalinizzazione che porta quotidianamente l’acqua a circa 900.000 gazawi. Lo stesso presidente Trump ha ammesso, ma solo negli ultimi giorni, che Israele ha gravi responsabilità nella crisi umanitaria di Gaza. Il dubbio che dopo il fallimento dei negoziati di Doha il blocco parziale degli aiuti umanitari non fosse più utile come strumento di pressione, si fa concreto. I civili hanno sofferto la fame e la sete per calcoli politici e militari. A nulle erano valse le minacce dell’Europa, che a metà luglio aveva ventilato la possibilità di congelare gli accordi commerciali con Israele. La situazione è cambiata solo al rientro dai negoziati di Doha.
Rimane una speranza per la pace: che le ultime dichiarazioni israeliane e statunitensi non siano che l’ennesimo strumento di pressione. Si assottiglia, invece, la speranza che gli ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas possano tornare a casa. E le voci del dissenso in Israele si moltiplicano. Benny Ganz, presidente del partito di opposizione di Unità Nazionale, ha detto che è una follia pensare che Gaza possa essere governata dall’esercito israeliano. Urge un’amministrazione araba. È arrivato il momento di offrire alla popolazione una reale alternativa ad Hamas. Un esercito non può occuparsi di aiuti umanitari e civili.
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