Esteri

Netanyahu insiste sull’offensiva a Rafah ma teme la Corte dell’Aja

di Ernesto Ferrante -


“Noi entreremo a Rafah e annienteremo tutti i battaglioni di Hamas presenti lì, con o senza un accordo, per ottenere la vittoria totale”. Il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu ha ribadito la linea dura durante un incontro con i rappresentanti delle famiglie degli ostaggi. Per Netanyahu, l’idea di porre fine alla guerra prima di raggiungere tutti gli obiettivi non è un’opzione. A rovinare i piani del primo ministro israeliano, potrebbe essere un mandato di arresto da parte della Corte Penale Internazionale dell’Aja (Cpi). Secondo indiscrezioni pubblicate dal sito di notizie Ynet, la questione è stata inserita nell’agenda di governo. Gli investigatori della Cpi hanno raccolto testimonianze tra il personale dei due maggiori ospedali di Gaza (Al Shifa e Nasser). “Le fonti, che hanno chiesto di non essere identificate per la delicatezza dell’argomento, hanno detto che gli investigatori della Cpi hanno raccolto testimonianze dal personale che ha lavorato nel principale ospedale di Gaza City, l’Al Shifa, e nel Nasser, principale ospedale di Khan Younis”, scrive Reuters.
Funzionari di Hamas hanno lasciato il Cairo dopo i colloqui con pari grado egiziani su una nuova proposta di cessate il fuoco a Gaza, articolata due fasi: la prima implicherebbe il rilascio di almeno 20 ostaggi in tre settimane per un numero imprecisato di prigionieri palestinesi; la seconda includerebbe un cessate il fuoco di 10 settimane durante le quali le due parti si accorderebbero su una liberazione più massiccia di ostaggi e una pausa prolungata nei combattimenti. Una delegazione del movimento islamico di resistenza tornerà in Egitto a stretto giro con una risposta scritta. Hamas e Fatah hanno fatto “progressi positivi” nei colloqui a Pechino per promuovere “la riconciliazione intra-palestinese”. A rivelarlo, nel corso di un punto stampa, è stato il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Lin Jian. Stando a quanto riportato da “Politico”, oltre 90 avvocati americani, almeno 20 dei quali vicini a Biden, hanno sollecitato l’amministrazione Usa a sospendere gli aiuti militari a Tel Aviv, sostenendo che le sue azioni non siano conformi al diritto umanitario statunitense e internazionale.


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