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Norimberga: il processo ai nazisti passa dalle pagine della storia a quelle dell’anima

di Cinzia Rolli -


Dal 18 dicembre è possibile assistere al cinema a quello che è stato definito il processo dei processi, la pietra miliare del diritto internazionale. La storia del processo di Norimberga, una vicenda da sempre narrata come quella del primo Tribunale Internazionale che ha giudicato i crimini di guerra commessi dai nazisti dopo la seconda guerra mondiale. Il Tribunale istituito nel 1945 dalle quattro potenze vincitrici della guerra: Stati Uniti, Regno Unito, Unione Sovietica e Francia.

Ma il film diretto da James Vanderbilt e tratto dal libro “Il nazista e lo psichiatra” di Jack El-Hai è altro.

Il sette maggio 1945 Hermann Göring, secondo in comando di Hitler, si arrende in Austria. Quando il Giudice Robert Jackson, interpretato dall’attore Michael Shannon, ne viene informato inizia a pensare all’istituzione di un Tribunale Internazionale per accusare dei vari crimini di guerra commessi i vertici nazisti arrestati.

 Ne parla con la sua segretaria, la quale manifesta subito forti dubbi dovendo un organo internazionale interferire sulla sovranità di un altro Stato. Dopo forti resistenze governative, con  l’appoggio di Papa Pio XII si sblocca la situazione.

Nel frattempo a Lussemburgo lo psichiatra dell’esercito americano Douglas Kelley viene ingaggiato per valutare la salute mentale dei nazisti sotto custodia, tra cui appunto Göring. Lo assiste come interprete il sergente Howard Triest, l’attore Leo Woodall.

Da qui il film spiega con narrazione avvincente, veloce ed appassionante, il rapporto particolare che nasce tra lo psichiatra dell’esercito americano e il capo nazista.

Russell Crow recita magistralmente: è letteralmente Göring nelle movenze e nelle parole.  La sua recitazione è seducente e magnetica nello stesso tempo. Alterna momenti di umanità come la sofferenza per la lontananza dalla moglie e dalla figlia, a momenti di assoluta vanità ed egocentrismo. Dimostra cameratismo con gli altri gerarchi e sicurezza nelle  proprie capacità in Tribunale.

 Il legame tra i due protagonisti sfiora l’amicizia.

Ognuno cerca di gestire i propri interessi: il vice di Hitler per salvare la propria vita e rimanere in contatto con la sua famiglia, “lo strizzacervelli” per studiare la mente dei nazisti e trarre tutte le informazioni necessarie per poter scrivere un libro di successo.

Per tutto il film,  compreso il finale, si assiste ad una lotta sottile tra due nemici che a tratti si avvicinano, ma l’orrore di quanto accaduto, le azioni commesse dai nazisti, chiudono le porte ad ogni possibilità di avvicinamento concreto tra i due.

Saranno proprio le immagini devastanti trasmesse durante il processo a provocare una tale indignazione, un tale sconvolgimento  d’animo nello psicanalista da spingerlo nella cella di Göring per affrontarlo apertamente.

 Quanto accaduto a seguito del duro confronto tra i due, spingerà il medico a far conoscere i risultati della sua ricerca al Giudice per consentirgli di comprendere la reale personalità del criminale di guerra onde poterlo far capitolare durante la testimonianza resa in aula.

La domanda è: come si può definire il male? Perché alcune persone sono capaci di tanta crudeltà?

La risposta del capitano Douglas Kelley, interpretato da Rami Malek è spiazzante. Malek cerca la follia nel secondo di Hitler per tutta la durata del film ma non la trova.

La pellicola, accompagnata da una colonna sonora perfetta, fatta di tensione e a tratti opprimente, ci trae in un tale pathos che pur conoscendo bene l’esito del processo non ricordiamo, presi dalle emozioni, cosa accadrà nello stesso. È una continua battaglia di parole, gesti, inganni e pensieri sospesi.

Un corpo a corpo mentale tra i due protagonisti che  attira inesorabilmente lo spettatore nello stesso clima del film.

Non c’è  un solo motivo per non andare a vedere il film; si tratta di un’esperienza unica, psicologica.  E’ un modo di vedere la storia da un altro punto di vista, differente e spiazzante,  intrigante e mentale.


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