Politica

O’ sceriffo dell’autonomia

di Ivano Tolettini -


Sono state apportate alcune modifiche, ma l’ossatura della legge sull’autonomia differenziata predisposta dal ministro Roberto Calderoli e voluta soprattutto dalla Lega rimane quella. Cade il vincolo temporale di un anno per la fissazione dei Livelli essenziali delle prestazioni per i servizi da erogare ai cittadini. La spesa storica viene eliminata dalla bozza del decreto legislativo sull’autonomia. Ed è istituita una commissione paritetica tra Stato e Regioni per determinare le risorse nell’ottica di un vincolo solidaristico. La riforma, inoltra, ha un’invarianza finanziaria, nel senso che non ci potranno essere né nuovi né maggiori oneri a carico delle finanze pubbliche. Ancora, la legge non stabilisce le materie che saranno trasferite alle Regioni, ma sarà compito della commissione paritetica individuarle nell’ottica di salvaguardare la specificità dei territori. Infine, rimangono scolpiti i vincoli di coesione e solidarietà come previsto dall’articolo 9 della Costituzione. Questi sono i passaggi cruciali della bozza sull’autonomia analizzata ieri nel pre Consiglio dei ministri che giovedì sarà sottoposta alla squadra guidata dalla premier Giorgia Meloni. Com’era inevitabile, dato il momento a suo modo storico, non mancano le polemiche e le dure prese di posizioni delle opposizioni che temono la spaccatura del Paese.

LEP E DURATA

Lo scoglio principale sono i cosiddetti Lep, vale a dire i Livelli essenziali delle prestazioni che nella prima versione della bozza avrebbero dovuto essere stabiliti entro dodici mesi. Il vincolo temporale è stato smussato perché non prevede più la tagliola dei doci mesi, anche se prevede l’intervento della presidenza del Consiglio attraverso i dpcm, che tanto abbiamo conosciuto durante la pandemia, e che possono essere interpretati con una doppia valenza. A seconda che la premier Giorgia Meloni voglia accelerare o rallentare. Non solo l’intesa sull’ autonomia differenziata tra Stato e singola regione è di durata «comunque non superiore a dieci anni». È quanto si legge nella bozza ieri all’esame del pre Consiglio dei ministri di oggi. L’arti colo 7 recita che “l’intesa di cui all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione indica la propria durata, comunque non superiore a dieci anni. Con le medesime 8 modalità previste nell’articolo 2, su iniziativa dello Stato o della Regione interessata, l’intesa può essere modificata”. Non solo, perché “l’intesa può prevedere i casi e le modalità con cui lo Stato o la Regione possono chiedere la cessazione della sua efficacia, che è deliberata con legge a maggioranza assoluta delle Camere”. Ecco perché “ alla scadenza del termine di durata, l’intesa si intende rinnovata per un uguale periodo, salvo diversa volontà dello Stato o della Regione, manifestata almeno sei mesi prima della scadenza”. Questo tesmonia anche la prudenza con la quale l’esecutivo vuole muoversi.

SPESA STORICA

Sparisce dalla bozza la spesa storica per rimuovere quelle disuguaglianze che tanto sono state contestate dai governatori e dai parlamentari delle regioni più svantaggiate. Certo, resta la questione che il finanziamento dei livelli minimi dei servizi forniti ai cittadini dovrebbero essere stabiliti per legge, discussa in Parlamento, e non con i dpcm. Ma è anche vero che il convoglio legislativo autonomista è ancora in stazione e i tempi per le modifiche non mancheranno. Ecco che un ruolo importante l’avrà la commissione paritetica tra Stato e Regioni per stabilire “le risorse umane, strumentali, e finanziarie necessarie per l’esercizio da parte delle Regioni di ulteriore forme e condizioni particolari di autonomia”. Questo è previsto dall’articolo 5 del disegno di legge.

MATERIE E VERIFICHE

La legge non prevede quali materie devono essere devolute alle Regioni. È un segnale di prudenza che mandano sia la premier Meloni che lo stesso Calderoli, anche per tenere compatta la maggioranza. Le tensioni dei rappresentanti della maggioranza delle regioni del Sud sono state palpabili nei giorni scorsi. Materie come Sanità, istruzione e Trasporti saranno oggetto di attente valutazioni per non creare ulteriori fratture nei servizi. Tanto che la stessa presidenza del Consiglio col dipartimento per gli Affari regionali, il ministero dell’Economia e le Regioni potranno eseguire verifiche. Insomma, nessuno, questo è lo spirito della legge, vuole calare dall’alto alcun diktat.

IL MINISTRO

“Siamo consapevoli del momento storico – spiegava ieri un Calderoli molto cauto-, ma questa è una riforma per il Paese non contro i territori. Vogliamo migliorare la macchina burocratica a tutti i livelli e allocare meglio le risorse pubbliche, affinché anche i cittadini meridionali stiano meglio e non si sentano cittadini di serie B. Vogliamo creare un’Italia più efficiente, non un Nord più forte”.

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