Politica

Odore di destra, ma i nodi sono tanti

di Edoardo Sirignano -


Il nuovo governo, oltre a essere quello più a destra di sempre, rappresenta il ritorno della politica. Partendo dai nomi scelti per i vari ministeri, l’odore dei tecnicismi è ormai un lontano ricordo. Basta scorrere la lista dei nuovi dicasteri per capire la linea di Giorgia. Un esempio quello che si occuperà di Sovranità Alimentare o della Natalità. In un Paese, d’altronde, dove si fanno sempre meno figli è il minimo. Scompaiono dalla nomenclatura, invece, diciture grilline come la Transizione Ecologica, che diventa Ambiente e Sicurezza Digitale. L’attenzione verso la natura c’è sempre, ma è Sostenibilità, come viene chiamata la casella occupata da Matteo Salvini. Una cosa è certa, nelle stanze di Palazzo Chigi, questa volta ci saranno i militanti, quelli che hanno fatto gavetta nei partiti. Non ci saranno più professoroni, banchieri e via dicendo. Gli stessi profili della società civile, individuati da Meloni, hanno un passato che vale più di mille parole. Valditara è noto per essere l’ideologo del Carroccio, mentre Sangiuliano non è il direttore del Tg3. Possiamo parlare di un governo a immagine e somiglianza del segretario di Fdi, che d’altronde è quello che occupa la parte del leone nella squadra a cui toccherà il compito di guidare l’Italia nell’autunno più difficile di sempre. Se l’identità della nuova maggioranza è chiara a mille miglia, stesso ragionamento non si può fare sull’unità della coalizione. La promozione di Antonio Tajani, solo all’apparenza fa felice Silvio Berlusconi che va al Quirinale ancora con quella tanto criticata Ronzulli e con Cattaneo, entrambi in cerca di vendetta e con le chiavi dei gruppi forzisti in mano. Per quanto la stessa Lega abbia ottenuto posizioni centrali, il risultato delle politiche non può essere cancellato col sorriso a trentadue denti di Matteo. I governatori del Nord, secondo alcuni già scontenti, prima o poi chiederanno il conto sia al loro capo, che alla stessa premier. Basti pensare alla questione dell’Autonomia. I verdi al governo, d’altronde, occupano ruoli importanti, ma allo stesso tempo impopolari. Per Giancarlo Giorgetti all’Economia non sarà facile trovare le risorse per aiutare famiglie che da un giorno all’altro, a causa del caro bollette, si ritroveranno senza uno stipendio. Stesso discorso per il Viminale, guidato da Matteo Piantedosi, che dovrà contenere le proteste. Le piazze, lo hanno detto anche i servizi segreti, a breve esploderanno. C’è, poi, la grande incognita degli Esteri. L’atlantismo e la simpatia per gli Usa di Giorgia non si toccano, ma a lungo piaceranno a quella gente che l’ha votata? Dalle fermate degli autobus ai barbieri, a pochi ormai interessa delle ragioni di Zelensky. La paura è solo perdere i propri risparmi. Ci sono, poi, i nodi relativi alla giustizia. Non è detto che le toghe rosse lasceranno fare a Nordio tutto ciò che vuole. Dopo i sorrisi, quindi, il percorso è in salita. Non basta neanche l’opposizione più debole di sempre a far dormire sogni tranquilli. Se il Pd è a pezzi e la minoranza ha un solo nome e cognome, ovvero Giuseppe Conte, ci sarà una sentinella molto più attenta: il popolo. A parte essere rapidi, considerando le brevi scadenze e l’incubo di una guerra mondiale, si dovrà far corrispondere alle parole i fatti. Sulle tasse, ad esempio, bisognerà parlare chiaro sin da subito, così come sugli aiuti alle imprese. Prima del made in Italy, occorre capire come consentire a chi crea lavoro di sbarcare il lunario. Per tale ragione, la linea politica di un centrodestra, che fino a ora ha sbagliato poco o nulla, dovrà superare la prova del nove: passare dalla teoria alla pratica.


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