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Editoriale

Ora solare: le lancette si spostano, l’Europa no

di Adolfo Spezzaferro -


È di nuovo quel magico momento dell’anno in cui torniamo indietro nel tempo. No, non grazie a un buco nero o alla DeLorean di “Ritorno al futuro” (che quest’anno compie 40 anni), ma per colpa dell’ora solare. Alle tre di questa notte le lancette sono tornate indietro alle due, e milioni di italiani stamattina si sono sentiti improvvisamente ricchi di tempo o ben felici del “lusso” di aver dormito un’ora in più.

Gli autorevolissimi esperti del sonno esultano: “Sessanta minuti in più fanno bene al cuore, abbattono lo stress, riducono gli infarti”. E in effetti il lunedì successivo al cambio d’orario (cioè domani) pare essere il giorno con meno attacchi cardiaci dell’anno. Probabilmente perché gran parte della popolazione è ancora troppo confusa per capire a che ora farà buio, figurarsi per farsi venire un infarto. Nel frattempo, i sostenitori dell’ora legale permanente gridano allo scandalo: il cambio sballa il ritmo circadiano, manda in crisi la pressione, l’umore e perfino la puntualità (per non parlare della vexata quaestio dell’ora di luce in più).

Un’ora avanti o indietro e sembriamo tutti reduci da un volo Roma-Tokyo senza la gioia della vacanza. Intanto Terna fa i conti e annuncia trionfante: 90 milioni di euro risparmiati, 145 mila tonnellate di CO2 evitate. Ottimo, ma forse si poteva fare anche senza trasformare mezzo continente in un jet lag permanente. A Bruxelles, invece, il tempo si è fermato del tutto. Nel 2018 la Commissione europea propose di abolire il cambio d’ora: milioni di cittadini risposero, l’80% disse basta (maggioranza qualificata, si direbbe oggi che il voto all’unanimità sembra essere un crimine). Il Parlamento europeo poi votò a favore dell’abolizione dell’ora legale nel 2021. Per adottare la legislazione necessaria a porre fine ai cambi stagionali dell’ora occorre però l’accordo sia del Consiglio Ue che del Parlamento Ue.

Insomma, per restare in tema, è scattato un sonnellino di gruppo nelle istituzioni europee. Da allora, silenzio. Anche perché “la palla è agli Stati membri” spiegano da Bruxelles. Si decide di non decidere, insomma. La Spagna almeno ci prova: il premier Sánchez ha dichiarato che cambiare orario due volte l’anno “non ha più senso”. Avrebbe pure ragione, in effetti. Ma nel resto d’Europa si preferisce l’eterno dibattito: l’ora legale salva il pianeta, l’ora solare salva il sonno. Ma nessuno ci salva dall’Ue. Così, ogni fine ottobre, facciamo finta di essere padroni del tempo, mentre è sempre lui a fregarci. Un’ora indietro, due avanti, e il nostro caro Vecchio continente che non sa più che ora è. E, soprattutto, che tempi stiamo vivendo.


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