Esteri

Pakistan in rivolta dopo l’arresto per corruzione dell’ex premier Imran Khan

di Martina Melli -


L’ex primo ministro del Pakistan e leader del Movimento per la Giustizia, Imran Khan, è stato arrestato martedì con l’accusa di corruzione, nella grave escalation di una crisi politica che da mesi sconquassa il Paese. Ieri mattina Khan è comparso davanti al tribunale speciale del quartier generale della polizia di Islamabad dove rimarrà in custodia cautelare per otto giorni. Subito dopo l’arresto, il suo partito politico ha convocato manifestazioni e proteste, che sono scoppiate in diverse città causando almeno 4 morti e 27 feriti, oltre che 1000 arresti. A Lahore, folle di sostenitori di Khan hanno saccheggiato la residenza ufficiale di un comandante dell’esercito. Centinaia di manifestanti si sono radunati anche fuori dal quartier generale dell’esercito a Rawalpindi, appena fuori Islamabad. Nella città portuale di Karachi, la polizia ha sparato gas lacrimogeni per disperdere la folla che bloccava l’arteria principale, e i manifestanti hanno bruciato un veicolo della polizia, un furgone della prigione e un posto di blocco delle truppe paramilitari.
Le autorità del Pakistan hanno limitato l’accesso ai social network in gran parte del Paese e interrotto del tutto la possibilità di connettersi a Internet in molte regioni, come rilevato dall’osservatorio indipendente NetBlocks.
Le tensioni politiche sono aumentate per mesi, mentre Khan, ex stella del cricket populista che è stato rimosso dall’incarico l’anno scorso, continuava ad accusare i militari e l’attuale governo di cospirare contro di lui.
Martedì Khan è stato arrestato in relazione a un caso riguardante il trasferimento di terreni per l’Università Al-Qadir, vicino a Islamabad: è infatti indagato per aver concesso favori a Malik Riaz Hussain, un potente magnate immobiliare, con l’università che ha ottenuto terreni e donazioni in cambio.
I disordini sono un duro promemoria della turbolenta scena politica in Pakistan, una nazione dotata di armi nucleari, che ha lottato con l’instabilità e i colpi di stato militari sin dalla sua fondazione 75 anni fa e che oggi conta 230 milioni di persone. L’esercito ha governato per oltre metà di quella storia, e anche sotto governi civili, i leader militari sono sempre stati visti come la forza responsabile dell’introduzione e dell’estromissione di varie dinastie politiche.
Khan ha fatto uno straordinario ritorno cavalcando la sua cacciata dello scorso anno. Decine di migliaia di persone hanno affollato i suoi raduni, durante i quali il leader populista ha chiesto nuove elezioni incolpando l’establishment militare di aver orchestrato la sua rimozione.
Negli ultimi mesi i pubblici ministeri hanno aperto decine di procedimenti giudiziari contro di lui, tra imputazioni di terrorismo e corruzione, e hanno ripetutamente minacciato di arrestarlo.
Khan e i suoi sostenitori negano le accuse, considerandole la rappresentazione esemplare dell’uso improprio del sistema giudiziario da parte del governo – guidato dal primo ministro Shahbaz Sharif – e dei militari per tenerlo fuori dalla politica.
Le tensioni che circondano l’ex primo ministro erano già sfociate in violenza a novembre 2022, quando, durante una manifestazione, un uomo non identificato aveva aperto il fuoco contro il suo convoglio ferendolo, in quello che gli assistenti definirono un vero e proprio tentativo di omicidio.
Negli ultimi mesi Khan ha accusato un alto funzionario dell’intelligence di aver avuto un ruolo centrale in quella sparatoria.

“Con i suoi recenti commenti contro i funzionari dei servizi militari e dell’intelligence, Khan ha oltrepassato i limiti ed è per questo che è stato arrestato” ha dichiarato Madiha Afzal, un membro della Brookings Institution. “Si tratta del crescente conflitto di Khan con l’establishment militare nell’ultimo anno, e del fatto che quest’ultimo vede Khan come una minaccia esistenziale”.

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