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Travaglini (ProduttivItalia): “Altro che referendum, occorre un patto per la produttività”

di Cristiana Flaminio -


Il mondo va avanti, l’Italia invece che immaginare un patto per la produttività che ne rilanci dinamismo e potenzialità economiche resta ancorata alla liturgia antica dei referendum. Per il centro studi ProduttivItalia “il flop” della consultazione promossa da Cgil e partiti di opposizione rappresenta “la fotografia più nitida di un cortocircuito tra dibattito politico e realtà economica”. Un giudizio tranchant e forte che Marco Travaglini, presidente del centro studi, motiva punto per punto senza fare sconti a nessuno.

Lasciarsi il ‘900 alle spalle

“Non possiamo affrontare le trasformazioni del lavoro con strumenti concepiti per un’Italia che non esiste più. Questi referendum – spiega Marco Travaglini, presidente del Centro Studi – sono stati pensati con una testa novecentesca. In un mondo del lavoro frastagliato, mobile, segnato da microimprese che faticano a sopravvivere, tornare a logiche ideologiche e punitive serve solo a irrigidire il sistema. Non a generare valore”. Insomma, per Travaglini occorrerebbe un cambio di passo serio e reale: “Siamo sicuri che in un Paese dove il 95% delle imprese ha meno di 10 dipendenti, l’urgenza sia caricare ulteriormente queste realtà di vincoli rigidi e rischi legali?”

Un problema culturale

Travaglini risponde al suo stesso interrogativo: “Molte di queste aziende fanno fatica persino a versare regolarmente l’Iva, i contributi, il Tfr. La questione non è illegittimità o tutela, è sostenibilità economica. E senza valore aggiunto da redistribuire, nessuna regola garantisce la dignità del lavoro”. Eccola, dunque, la parola magica. Valore aggiunto, produttività. L’economia si fa. Per questo, l’analisi di Travaglini è senz’appello: “Il lavoro non si crea con una crocetta sulla scheda. Non basta fare opposizione a un governo per costruire visioni condivise. È mancata la connessione con la realtà produttiva del Paese. È mancata una proposta su come si genera occupazione di qualità oggi. E soprattutto è mancato un interrogativo fondamentale: da dove nasce davvero il valore economico?”.

Un patto per la produttività

Il tema, dunque, è centrale. Il gap di produttività con la Germania, sottolineano da ProduttivItalia, è drammatico: supera i quindici punti. A ciò s’aggiunge la questione delle mPmi: occupano il 65 per cento della forza lavoro italiana ma producono appena il 40 per cento del valore aggiunto. Eccolo, per Travaglini, il punto focale della questione: “Se non aiutiamo queste imprese ad alzare la loro produttività resteremo intrappolati in un lavoro povero, precario e improduttivo. E nessuna norma sul reintegro potrà salvarci da questa stagnazione. Serve un nuovo patto sociale, ma non sulle regole astratte del lavoro, serve un patto per la produttività, un’alleanza tra chi produce e chi genera innovazione, tra chi lavora e chi offre competenze. Dobbiamo smettere di trattare le imprese come nemici e iniziare a costruire ponti tra il terziario avanzato e il mondo produttivo”.


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