Politica

PRIMA PAGINA – Perché il vento della Sardegna può cambiare il clima a Roma

di Domenico Pecile -


Le elezioni in Sardegna tengono in fibrillazione la politica. Il test elettorale è destinato infatti ad avere importanti conseguenze. Dentro la maggioranza; dentro l’opposizione. La genesi delle quattro candidature è di per sé lo specchio di come le due coalizioni si sono mosse e di come saranno poi costrette a valutare l’esito del voto. Paolo Truzzo, è il candidato unitario del centro destra. È stato scelto dopo un parto difficile con la Lega che aveva puntato i piedi con l’obiettivo di garantire all’uscente Christian Solinas di succedere a se stesso.

Per il Carroccio si è trattato di una rinuncia che gli fa baluginare un effetto domino anche nelle altre regioni a guida leghista: Veneto, Fvg e Lombardia. Ma Meloni è determinata: l’esito elettorale delle politiche e le attuali intenzioni di voto giustificano una sua precisa richiesta di rivisitazione delle rappresentanze istituzionali. Partita per adesso congelata. Meloni e Tajani hanno comunque avuto gioco facile a imporre il sindaco di Cagliari, dopo le note vicende di cui è stato protagonista Solinas.
Alessandra Todde, è la candidata dei 5S e del Pd, che dopo tanti matrimoni e altrettanti divorzi sperimentano quel campo largo suggerito da Prodi alla Schlein, ma sempre tenuto a debita distanza da Conte. Todde se la dovrà vedere con Renato Soru, spinto dalla Coalizione sarda e sostenuto da Italia viva, Azione e +Europa in un quadro che conferma una certa attitudine al harakiri politico, meglio, elettorale della sinistra.

Infine, corre anche Lucia Chessa che guida una lista autonomista: Sardegna Resiste.
Il centro destra si è presentato compatto anche al comizio finale tanto da far dire al premier Meloni che nessuno può mettere in dubbio la volontà di stare “per scelta”, per “cinque anni”. Il premier ha ironizzato sulla coalizione di Todde, definendola un “progetto di palazzo”. Pure Salvini ha giurato sulla durata del governo, sottolineando che lui e Giorgia sono una sola persona e che il premier va oltre la politica perché è un’amica. Vero è anche però che nel caso di sconfitta i contraccolpi sul governo sarebbero inevitabilmente pesanti.

I malevoli assicurano che una sconfitta potrebbe trasformarsi in una rivincita di Salvini e in uno stop al cannibalismo di FdI nei confronti del Carroccio. Di sicuro il leader della Lega dentro è quello che starebbe meglio in entrambe le ipotesi: sconfitta (una sorta di vendetta per la bocciatura di Solinas) e vittoria (per la dimostrazione di avere anteposto il bene della coalizione agli interessi di partito). E all’incognita del voto, per il centro destra si aggiunge anche quella del terzo mandato: partita complicata per i contraccolpi regionali e per la linea del Piave (difesa a oltranza di un altro mandato per Luca Zaia) già fissata da Salvini.

Ma anche sul fronte opposto – dove pure la questione del terzo mandato è divisiva – la strada elettorale sarda è punteggiata da incognite. Oltre alle solite, puntuali divisioni dell’arcipelago del centro sinistra, il vero esame è sulla tenuta prima e sulla possibile conseguente percorribilità del campo largo. Todde ha volutamente tenuto lontano i due leader, Schlein e Conte, dal comizio finale quasi a voler sottolineare che la sua candidatura è frutto della scelta della base, dei territori e non delle segreterie romane. Resta aperta l’incognita con le altre possibili anime che sostengono Soru. Tuttavia, sia Calenda sia Renzi ripetono che non c’è alcuna possibilità di un accordo politico con il M5S.

Con qualsiasi esito del voto, resterebbe apertissima la lotta Schlein–Conte per la leadership. Da qui, forse, l’intenzione della segretaria del Pd di candidarsi alle europee per garantire al partito un valore aggiunto in termini di voti che consentirebbe di tenere a debita distanza i 5S. L’incognita in questo campo largo è l’esito elettorale di Conte perché alle regionali i 5S incontrano più difficoltà.


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