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Plusdotazione: quando l’eccellenza diviene deficit

di Priscilla Rucco -


Nel panorama educativo italiano, migliaia di bambini e adolescenti ad alto potenziale cognitivo vivono un paradosso quotidiano: la loro eccellenza, infatti, viene interpretata come un deficit. La plusdotazione, condizione che riguarda circa il 5% della popolazione scolastica, rimane ancora oggi un fenomeno largamente misconosciuto, spesso confuso con i disturbi specifici dell’apprendimento – DSA – . Ne abbiamo parlato con la dottoressa Maddalena Casalino, Valutatore dinamico LPAD – Valutazione del potenziale cognitivo o di apprendimento – .

Cosa si intende per plusdotazione e perché viene così spesso fraintesa nel contesto scolastico?

“La plusdotazione, o alto potenziale cognitivo, identifica bambini e ragazzi con capacità intellettive significativamente superiori alla media, generalmente con un QI superiore a 130. Tuttavia, la questione è molto più complessa di un semplice punteggio. Come ci insegna Daniela Lucangeli, neuroscienziata e professoressa di Psicologia dello sviluppo all’Università di Padova, questi bambini presentano un funzionamento neurobiologico diverso: il loro cervello elabora le informazioni con velocità e modalità differenti, creando connessioni sinaptiche più complesse e rapide. Il problema nasce quando il sistema educativo, standardizzato su metodologie uniformi, si trova di fronte a menti che funzionano diversamente. Un bambino plusdotato può mostrare noia, disattenzione, comportamenti oppositivi o difficoltà di scrittura non per incapacità, ma perché il suo cervello procede a velocità superiori rispetto ai ritmi didattici tradizionali. Ecco perché spesso si arriva erroneamente a diagnosi di ADHD – Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività -, dislessia o altri DSA”.

Quali sono i segnali possibili sulla presenza di plusdotazione piuttosto che di un disturbo dell’apprendimento?

“I segnali sono spesso controintuitivi e questa è la radice del fraintendimento. Un bambino plusdotato può presentare una calligrafia disordinata non per disgrafia, ma perché la sua mente elabora pensieri più velocemente di quanto la mano riesca a scrivere. Può sembrare disattento durante le spiegazioni perché ha già compreso il concetto e la sua mente è proiettata verso collegamenti più complessi. Altri indicatori includono: domande filosoficamente profonde fin dalla tenera età, senso di giustizia molto sviluppato, perfezionismo paralizzante, ipersensibilità emotiva e sensoriale, interesse per argomenti complessi ma disinteresse per compiti ripetitivi. È fondamentale osservare il bambino nel suo insieme: se le difficoltà emergono solo in contesti di sottostimolazione cognitiva ma scompaiono quando è impegnato in attività stimolanti, potremmo essere di fronte a plusdotazione, piuttosto che a un DSA”.

Come dovrebbe evolvere il sistema educativo per riconoscere e valorizzare questi talenti? Esistono metodologie pedagogiche specifiche?

“Qui entra in gioco il pensiero rivoluzionario di Ken Robinson – pedagogista britannico -. Egli sosteneva che l’educazione dovrebbe essere un processo di sviluppo individuale, non un sistema di produzione industriale standardizzato. Per i bambini plusdotati servono strategie pedagogiche differenziate: l’arricchimento curricolare che approfondisce argomenti di loro interesse, l’accelerazione scolastica quando appropriata, progetti interdisciplinari che stimolino la loro naturale capacità di creare connessioni complesse. Robinson proponeva un approccio educativo basato sulla scoperta dei talenti individuali piuttosto che sulla correzione delle debolezze. È essenziale formare gli insegnanti a riconoscere i segnali della plusdotazione e a distinguerli dai disturbi dell’apprendimento. Servono strumenti di valutazione più sofisticati che vadano oltre i test standardizzati e considerino le multiple forme di intelligenza. Il futuro dell’educazione deve abbracciare la neurodiversità come ricchezza, non come problema da correggere”.

Quali sono le conseguenze psicologiche per un bambino plusdotato che riceve una diagnosi errata di disturbo dell’apprendimento?

“Le conseguenze possono essere devastanti per lo sviluppo dell’identità e dell’autostima. Immaginiamo un bambino che percepisce di essere diverso, più veloce nel pensiero, ma che riceve costantemente il messaggio di essere difettoso o problematico. Questo crea una dissonanza cognitiva profonda che può portare a ansia, depressione, rifiuto scolastico e, paradossalmente, a un reale calo delle prestazioni. Daniela Lucangeli ha evidenziato come le emozioni negative associate all’apprendimento creino circuiti neurali disfunzionali che possono compromettere permanentemente la relazione del bambino con la conoscenza”.

Quali consigli pratici può dare alle famiglie che sospettano che il proprio figlio sia plusdotato ma hanno ricevuto diagnosi di DSA?

“Prima di tutto, non abbiate paura di mettere in discussione una diagnosi se non vi convince completamente. Se il bambino mostra capacità eccezionali in alcuni ambiti ma difficoltà in altri, se le problematiche emergono solo in contesti specifici, è legittimo richiedere una seconda opinione specializzata. Cercate professionisti formati specificamente sulla plusdotazione: non tutti gli psicologi o neuropsichiatri hanno competenze adeguate in questo campo. Una valutazione corretta deve includere test cognitivi approfonditi, osservazione del comportamento in diversi contesti e un’analisi della storia evolutiva completa. Nel frattempo, a casa, alimentate la curiosità naturale del bambino senza pressioni. Come suggeriva Ken Robinson, scoprite insieme i suoi veri interessi e passioni. Create un ambiente ricco di stimoli diversificati: libri, arte, scienza, musica. Soprattutto, validate le sue emozioni intense e la sua sensibilità, spiegandogli che essere diversi è un dono, non un problema. Collaborate con la scuola in modo costruttivo, fornendo informazioni sulla plusdotazione agli insegnanti. Spesso la resistenza nasce dall’ignoranza, non dalla malafede. E ricordate: un bambino plusdotato non identificato è un talento sprecato, ma un bambino plusdotato mal compreso può diventare un talento perduto per sempre”.

La strada verso il riconoscimento della plusdotazione nel sistema educativo italiano è ancora lunga, ma ogni bambino correttamente identificato e supportato, rappresenta un passo verso una scuola più inclusiva e attenta e questo rappresenta una scuola più inclusiva e attente alle varie forme di “eccellenza umana”.


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