Presi per il cu…neo
Il governo si prende il primo maggio e ruba la scena a tutti. E presenta il decreto lavoro. Una mossa che l’esecutivo di Giorgia Meloni ha cercato di muovere a mo’ di scacco matto, ma che non è stata apprezzata né dalle opposizioni né dai sindacati. Anzi. Il decreto lavoro è diventato il “decreto precarietà e povertà”. Questa la protesta che monta dalla sinistra e dalle associazioni di categoria: sotto accusa, da parte di opposizioni e sindacati, sia la scelta di svolgere il Consiglio dei Ministri nel giorno della Festa dei Lavoratori sia le misure contenute nel provvedimento.
LA FESTA DEL GOVERNO
Nel giorno della Festa del Lavoro, il governo riforma il Reddito di cittadinanza, taglia il cuneo fiscale e fa esordire l’Assegno di inclusione. Un Cdm che voleva essere simbolico e che viene spiegato in un video dalla premier Meloni – che non ha voluto prevedere una conferenza stampa: “è il taglio delle tasse più importante degli ultimi decenni. Non capisco chi polemizza. Fatti, non parole”. Fatti che sono stati apprezzati solo in una piccola parte dai sindacati, che dalle piazze hanno annunciato la protesta. Le sigle sindacali, pur apprezzando la decisione taglio del cuneo fiscale e contributivo che aumenta fino alla fine dell’anno di altri quattro punti, si oppongono su tutto il resto e chiedono di più. Pierpaolo Bombardieri (Uil) da un lato chiede di “trovare altre risorse”, con “extraprofitti, tassando le banche e le grandi aziende”. Ma a scoccare la freccia al veleno nei confronti del governo è il numero uno della Cgil Maurizio Landini: “I provvedimenti decisi dal governo non vanno nella direzione da noi richiesta. Noi continueremo la mobilitazione unitaria e, se non avremo risposte, siamo pronti tutti insieme a continuare la mobilitazione fino a quando non avremo ottenuto i risultati di cui abbiamo bisogno”. Una critica che dai temi si allarga anche i modi. Il segretario della Cgil non ci sta neanche sulla convocazione di domenica sera, aspramente contestata in piazza a Potenza, il primo maggio: “Il metodo non può essere quello di essere chiamati la domenica sera per provvedimenti già decisi, quindi confronto non ce n’è. Un metodo di questa natura vuol dire non riconoscere al sindacato e ai lavoratori, ai pensionati e ai giovani il ruolo che il sindacato deve avere per far crescere e far migliorare questo Paese”. E senza confronto, la risposta dei sindacati è quella della piazza: la mobilitazione, annunciano le sigle Cgil, Cisl e Uil, prevederà tre manifestazioni interregionali contro le misure del governo sul lavoro. Dal palco del Primo Maggio Landini le ha ufficializzate: “Non è una passeggiata: il 6 a Bologna con tutte le Regioni del centro, il 13 a Milano con tutte le Regioni del Nord e il 20 a Napoli con quelle del Sud e in quel giorno anche mobilitazione a Cagliari”.
INSOLITI UNITI
I sindacati aprono, le opposizioni colgono. E così, forse per la prima volta insolitamente e veramente unite, le opposizioni criticano il Dl Lavoro. In prima linea, il Pd di Elly Schlein che critica sia la scelta del Primo Maggio che, di conseguenza, le misure che “sono una sentenza di condanna alla precarietà” e rilancia sul salario minimo, contestando la riforma del Reddito di cittadinanza. A tendere la mano a Elly Schlein sui temi è Giuseppe Conte che non solo annuncia manifestazioni a giugno contro “lo smantellamento del reddito di cittadinanza” ma mette i paletti sulla misura tanto voluta da Schlein: “Un governo serio si sarebbe dovuto riunire per una norma essenziale: il salario minimo. Io chiedo alla premier e ai ministri di ricollegarsi con la realtà” per evitare che “decisioni scellerate” portino a “un disastro sociale”. Una mossa che apre al dialogo tra Pd e Movimento 5 Stelle: “su alcuni temi le sensibilità di Schlein possono essere compatibili con le nostre” ha dichiarato il leader pentastellato. A unirsi al compattamento anche Alleanza Verdi e Sinistra che di fronte alle nuove misure chiede di “prepararsi alla lotta” per fermare questo governo che, il leader Nicola Fratoianni dice: “ha vinto le elezioni qualche mese fa ma non sono diventati i padroni del Paese, se lo devono mettere bene in testa”. In coda, anche Matteo Renzi si risveglia dal torpore “La Premier Meloni taglia quattro miliardi di tasse sul lavoro e dice che questo è il taglio di tasse più importante degli ultimi decenni. Falso!” e rivendica: “gli 80€ valevano 10 miliardi all’anno, la cancellazione IMU prima casa 4 miliardi, l’IRAP costo del lavoro 6 miliardi. Noi abbiamo tagliato in silenzio 25 miliardi all’anno”. A tenere i piedi in due staffe c’è, per ultimo ma non meno polemico, Carlo Calenda che da un lato spezza una lancia a favore di Giorgia Meloni: “Fare una polemica perché si tagliano le tasse ai lavoratori il primo maggio mi sembra assurdo” e poi, per dare una botta alla botte dichiara: “Descrivere il taglio (per ora una tantum) come il più grande mai fatto è sbagliato oltre che falso. Queste due posizioni riassumono bene l’eccesso di propaganda a destra e a sinistra”.
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