Attualità

Quanto sei diventata piccola cara vecchia scuola

di Ivano Tolettini -


Stai diventando più piccola, cara vecchia scuola, alle prese col sismografo demografico sempre più impietoso. Pensare che per decenni è stato un fenomeno ritenuto dagli studiosi “invisibile”. Parliamo delle pluriclassi, che erano nella maggior parte dei casi “scuolette” primarie di montagna o rurali, attrezzate sì per far fronte allo spopolamento, ma che era dettato non dall’inverno demografico, bensì dalla migrazione verso l’estero (fino agli anni Sessanta), poi soprattutto verso le città del Nord col boom economico. Da qualche anno, invece, il tema è diventato d’attualità in molti capoluoghi di provincia, si pensi alla sola Padova, a causa della drastica diminuzione delle nascite che ha fatto decollare le pluriclassi fino a raggiungere un numero stimato dal ministero dell’Istruzione attorno alle 2 mila unità. Col primo giorno di scuola si ripropone in maniera più netta in Veneto dove le classi multiple sono il 10%. Si calcola che in alcune regioni come Piemonte, Basilicata, Calabria e Umbria gli istituti con pluriclassi siano addirittura più del 20%. A Nord Est la più famosa mini scuola è quella sull’isola di Sant’Erasmo, nella laguna veneta, luogo d’elezione noto come l’orto di Venezia, dove la pluriclasse è formata da soli 6 alunni. Che hanno età e programmi diversi. Le scuolette, dicono gli esperti, cresceranno perché la popolazione è in netto calo e anche quest’anno, come nel 2022, avremmo una diminuzione di centinaia di migliaia di italiani.

Tra i più conosciuti demografi, il prof. Gian Carlo Blangiardo, per troppi anni poco ascoltato dal palazzo, afferma che “si interviene di petto con politiche efficaci per affrontare l’emergenza oppure per l’Italia si prospetta il baratro” con ricadute economiche e sociali davvero impensabili. “Tenere aperte scuole con pochissimi alunni ha dei costi anche organizzativi non indifferenti – afferma l’assessora all’Istruzione del Veneto, Elena Donazzan -, ma se il sindaco mi spiega che se chiude la scuola è come se “spegnessi” la comunità di un piccolo centro io mi batto per tenerla aperta. Questione diversa, invece, per il centro delle città, lì sarei contraria”. Proprio a Padova e Vicenza con il suono della prima campanella mercoledì mattina hanno aperto la porta alcune pluriclassi, come alla De Amicis della città del Santo oppure nella centrale contrà Cabianca a Vicenza, dove ce n’è anche nel quartiere di Settecà. In base agli ultimi dati sono 30 mila gli alunni italiani delle elementari che frequentano classi miste. La classe mista è una forma di “resistenza” dei territori che si aggrappano alle scuole per tutelare una propria unicità che con la soppressione è destinata ad inaridire la comunità.

A studiare a fondo la questione sono Laura Parigi e Giuseppina Mangione, ricercatrici di Indire, l’Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa del ministero dell’Istruzione, per il quale hanno pubblicato due volumi. “Sul numero delle pluriclassi – spiegano alla rivista Tecnica della Scuola – incide il calo demografico che interessa tutto il Paese, ma è determinante il progressivo abbandono delle aree interne”. La scuola come presidio culturale e sociale alimenta un forte dibattito nella comunità al nuovo rintocco della campanella. Se è vero che molti genitori declinano le pluriclassi come “scelta di ripiego” temendo che i figli “restino indietro”, spesso in realtà è un meccanismo di crescita. Gli studi sul campo negli ultimi vent’anni testimoniano che non ci sono “differenze significative in termini di risultati di apprendimento tra studenti che frequentano le pluriclassi e quelli che siedono in classi standard”, spiegano Mangione e Parigi. Anche perché l’alunno più grande di 10 anni in una pluriclasse viene coinvolto con alunni di prima cui fa da tutor in un “gioco educativo” in cui ci sono progettazioni comuni nel corso della mattinata in classe con obiettivi differenziati in base proprio all’età. Sull’isola di Murano le scuole medie per mantenere un discreto livello d’iscrizione hanno puntato ad attirare studenti dalla città, in parte riuscendoci.

“C’è la difficoltà di trasporto per gli insegnanti che arrivano da Mestre e dalla terraferma – osserva Daniele d’Incà, dirigente scolastico – ma l’obiettivo che ci prefiggiamo dà soddisfazione agli insegnanti e anche agli alunni che trovano un ambiente accogliente e stimolante”. Ci sono pure le aule tematiche con una didattica all’inglese in cui sono gli alunni a spostarsi e non gli insegnanti. C’è poi la cronica mancanza di insegnanti. Solo nel Veneto ci sono 9 mila cattedre vuote che attendo un “padrone”. Il governatore Luca Zaia per velocizzare il mondo scolastico invoca “l’autonomia della scuola” sul modello Trentino per ovviare alla cronica carenza di cattedre che impone la selezione nelle fasce baby. Tra l’altro vengono proposti incentivi “per gli stipendi degli insegnanti perché il trasferimento al Nord comporta una diminuzione del potere d’acquisto visti i costi cui un docente deve far fronte”. Quello che pare certo è che le classi miste sembrano destinate a crescere di numero anche se questo per alcuni osservatori non è un bene. Bisognerà fare di necessità virtù per favorire la crescita degli “invisibili” in un mondo educativo che continua a mutare, rendendo la vita agli insegnanti non proprio agevole. Ma il cambio di paradigma è la logica conseguenza di politiche per la famiglia per troppi anni, da parte di governi di centrosinistra e centrodestra che si sono alternati al potere dal 1994, del tutto insufficienti. Per questo le pluriclassi per sono l’unico antidoto alla chiusura di molti plessi, quasi 2 mila da Nord a Sud, in un’Italia che sul fronte educativo si mostra fragile. Del resto la stima dell’impatto negativo parla di 130 mila alunni in meno. La vecchia scuola pare alle corde.


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