Attualità

Quei sindaci islamici di Londra e dintorni nell’Europa a rischio

di Francesca Chaouqui -


I musulmani e noi – Quei sindaci islamici di Londra e dintorni nell’Europa a rischio

C’è un minimo comune denominatore nella mappa dei paesi in guerra nel mondo in questo tempo storico particolare, solo una lettura distaccata e globale evidenzia come le notizie provenienti da questi territori infuocati nonostante sembrino slegate tra di loro sono messe in relazione da un tratto comune, la religione. In luoghi distanti e con le motivazioni più disparate si combatte per assurdità diverse, si soffre e si muore senza comprenderne a fondo i motivi, chiari solo forse a chi dall’alto impartisce ordini di morte. Ma da nord a sud del pianeta, in aree più o meno ricche si vive nel terrore e la fede, da mezzo di speranza per la pace, si sta rivelando appiglio di egemonia e potere. Sembra sia tornata di moda la vanità del sacro romano impero, l’islam vuole il suo posto nella storia e lo pretende con lo stile dei terroristi, con l’invasione celata dall’emigrazione, con la sua rete capillare su tutto il pianeta e soprattutto posizionando i suoi adepti nelle posizioni strategiche del potere politico. Così mentre in Terra Santa si implora la pace in nome dei testi sacri e si sottolinea di non confondere la religione con le ragioni politiche e terroristiche del conflitto israelo-palestinese, il grido di “Allah Akbar” nei vari episodi in giro per l’Europa ricorda che chi combatte lo fa sollecitato da motivi di fede.

Dal Myanmar ad Haiti, dall’Afganistan al Congo, attraversando Libano, Siria, Yemen e Sudan fino alla Libia e alla Nigeria è evidente come si stia affermando l’invasione musulmana. I dati del Pew Research Center confermano che il 25% della popolazione mondiale si professa musulmano, ed è un dato in crescita in quanto è diffuso in una popolazione giovane quale quella africana mentre i cristiani sono il 32%, un dato fermo da quasi cento anni ormai in una società sempre meno numerosa. È in atto una vera e propria esplosione demografica globale dell’Islam che, come affermano fonti autorevoli, si concluderà nel 2070 con un possibile sorpasso dei musulmani. Il continente africano, dilaniato dai troppi conflitti dimenticati, è considerato oggi l’ago della bilancia e la sua folle ed esorbitante emigrazione sta rompendo gli equilibri del vecchio continente che, non preparato ad accogliere e integrare, sta mettendo a dura prova la sua identità. È una silenziosa colonizzazione che a suon di buonismo e perbenismo si sta insediando approfittando del buon cuore del vecchio continente e soprattutto di una mancata politica in merito. L’esempio dell’Inghilterra fa riflettere su come si stia andando verso un cambiamento culturale senza precedenti; nella patria dell’irreligiosità, dove le varie chiese contano sempre meno fedeli, si consolida l’Islam, facendosi spazio sia con le sue oltre 3000 moschee, sia decretando leggi a favore esclusivo dei musulmani, sia conquistando le poltrone di sindaco delle più grandi città. Si potrebbe parlare di un’ottima integrazione se non fosse che le leggi interpretate dell’islam sono anni luce indietro rispetto alla dichiarazione universale dei diritti umani.

L’Italia tra i paesi d’Europa è la favorita nella strategia musulmana. Con tanta fatica nel Bel Paese si sono ottenuti negli anni successi indiscutibili sui temi civili del rispetto e della libertà della persona, sui diritti delle donne e sulla parità dei sessi, ci si ritrova oggi a fare passi indietro per non turbare la sensibilità degli ospiti musulmani, poco più di 2 milioni e mezzo, che hanno evidenti discordanze con l’evoluzione sociale del XXI secolo. Questo adeguarsi e riformularsi ogni volta a scapito della cultura ospitante, genera l’intolleranza, il razzismo religioso e soprattutto la paura e il timore dello straniero che si rafforza e siede ai posti di orientamento socioculturale delle popolazioni. Affermare in libertà l’ascesa al potere dei musulmani può risultare razzista, nazionalista, complottista, campanilista o conservatrice, e si può essere tacciati di ogni cattiveria dagli ipocriti delle associazioni varie pro-migranti, è un rischio che bisogna correre soprattutto quando la propria vita è costellata di amicizie sincere internazionali e interreligiose. Guardare all’evoluzione geopolitica dell’Europa vuol dire attenzionare un fenomeno che sta prendendo piede con strategie e obiettivi mirati; così come difendere i 360 milioni di cristiani, uno su sette, che soffrono gravi forme di discriminazione e abusi soprattutto in Asia e in Africa vuol dire puntare i riflettori sulle vere vittime e sui veri perseguitati, sulle guerre silenziose che bisogna temere più di quelle che fanno rumore con le bombe. L’evoluzione dell’Occidente che vanta multiculturalità e fratellanza umana è messa a rischio dalla giovane e dirompente forza di chi in nome della religione vuole conquistare il pianeta. La storia ci ha già insegnato come andrà a finire.


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