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Rafah, fonti Usa: “Israele ha ammassato abbastanza truppe per assalto”

di adnkronos -


(Adnkronos) –  Israele ha ammassato alla periferia di Rafah un numero sufficiente di soldati per lanciare nei prossimi giorni un'invasione su larga scala della città del sud della Striscia di Gaza, anche se non è chiaro se in effetti l'operazione ci sarà. Lo hanno detto alla Cnn due fonti dell'amministrazione americana, una delle quali ha sottolineato che Israele non ha ancora fatto i preparativi adeguati necessari in vista di una possibile evacuazione di oltre un milione di persone da Rafah. Quasi 360.000 persone sono fuggite da Rafah, da quando l'esercito israeliano ha emesso i primi ordini di evacuazione una settimana fa, secondo gli ultimi dati delle Nazioni Unite. “Non c'è nessun posto dove andare. Non c'è sicurezza senza un #ceasefire (cessate il fuoco)", ha scritto l'Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l'occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA) su X. L'Egitto dal canto suo starebbe valutando la possibilità di ridurre – ma non di interrompere – le relazioni diplomatiche con Israele. A riferirlo all Wall Street Journal sono stati funzionari del Cairo. Tra le possibili mosse prese in esame, il ritiro dell'ambasciatore egiziano da Tel Aviv. "Allo stato attuale, non ci sono piani per sospendere le relazioni" o sconfessare Camp David, ha dichiarato al giornale un funzionario egiziano, riferendosi agli accordi che hanno portato al trattato di pace del 1979 tra i due Paesi. "Ma finché le forze israeliane rimarranno al valico di Rafah, l'Egitto non invierà un solo camion". Domenica, l'Egitto ha dichiarato che sosterrà la causa in corso del Sudafrica presso la Corte internazionale di giustizia che accusa Israele di genocidio a Gaza, un giorno dopo aver detto che si rifiuterà di coordinare gli aiuti che entrano a Gaza attraverso Rafah finché le truppe dell'IDF rimarranno lì. Per Mohammed Anwar Sadat, nipote del presidente egiziano che negoziò il trattato di pace Egitto-Israele del 1979, l'attuale disputa rappresenta la peggiore crisi bilaterale tra i due Paesi da allora. "C'è una mancanza di fiducia – ha dichiarato al quotidiano l'ex membro del Parlamento egiziano – E ora c'è una sorta di sospetto da entrambe le parti". A determinare l'attuale situazione di stallo sarebbero state – secondo funzionari egiziani – le poche ore di preavviso concesse da Israele all'Egitto prima di lanciare l'operazione militare della scorsa settimana, durante la quale l'esercito israeliano ha preso il controllo del valico di frontiera di Rafah con l'Egitto dalla parte di Gaza. Il brusco messaggio, trasmesso inaspettatamente ai funzionari dei servizi segreti egiziani il 6 maggio, ha fatto seguito a mesi di attente trattative tra rappresentanti militari e dei servizi segreti israeliani ed egiziani sulla minaccia di attacco a Rafah. Israele aveva precedentemente informato l'Egitto sui suoi piani per Rafah, assicurando al Cairo che il valico non sarebbe stato colpito e che ai palestinesi presenti sarebbero state concesse settimane per evacuare l'area in modo sicuro. "Nessuna di queste assicurazioni si è concretizzata, e Israele ci ha dato un preavviso molto breve per l'ingresso al valico", ha dichiarato un funzionario egiziano. Un caccia dell'Idf ha intercettato un drone diretto verso Israele proveniente da est. A darne notizia sono state le forze armate israeliane, precisando che il drone non è entrato nello spazio aereo del paese.  Due droni e un missile antinave lanciati dagli Houthi dello Yemen sul Mar Rosso sono invece stati abbattuti dalle forze americane, ha riferito il Centcom, secondo cui non si registrano né danni né feriti tra le forze degli Stati Uniti, della coalizione e sulle navi mercantili in navigazione nell'area. Il Comando centrale americano, su X, ribadisce che l'intervento si è reso necessario a causa della "minaccia imminente" rappresentata dall'attacco degli Houthi. I due dipendenti delle Nazioni Unite colpiti ieri a Rafah si trovavano in una zona di "combattimenti attivi". A dichiararlo è stato l'esercito israeliano, precisando che l'episodio è ancora oggetto di indagine. Rispondendo ad una domanda, l'Idf ha detto di aver ricevuto indicazioni secondo cui due membri del Dipartimento di sicurezza delle Nazioni Unite sono stati colpiti mentre si trovavano in un veicolo nell'area di Rafah. In base a una prima revisione dei fatti – rendono noto le forze armate citate dal Times of Israel – il mezzo è stato colpito "durante i combattimenti in un'area definita come zona di combattimento attivo". Le forze armate israeliane hanno precisato inoltre che il percorso del veicolo era sconosciuto ai militari. L'Idf non ha confermato che le sue forze abbiano sparato al veicolo. "Tutti i dettagli dell'incidente sono in fase di revisione". Secondo le Nazioni Unite l'auto in cui i dipendenti si stavano recando in ospedale era chiaramente contrassegnata come veicolo delle Nazioni Unite, ha detto il portavoce. In totale, dall'inizio della guerra di Gaza sono stati uccisi quasi 200 dipendenti delle Nazioni Unite, finora tutti palestinesi. Hamas ha accusato Israele per l'attacco: "Israele ha ucciso due cittadini stranieri (un uomo e una donna) che viaggiavano in un veicolo delle Nazioni Unite con una bandiera e segni di identificazione dell'Onu", ha dichiarato Hamas in una nota nella quale ha indicato che Israele e Stati Uniti "hanno la piena responsabilità" per i danni riportati dai "team stranieri" di soccorso a Gaza e per i "crimini di guerra" commessi nell'enclave. "Noi crediamo che Israele possa e debba fare di più per proteggere la vita di civili innocenti, non crediamo che quello che sta succedendo a Gaza sia un genocidio", ha affermato dal canto suo il consigliere per la Sicurezza Nazionale, Jake Sullivan, durante un briefing in cui ha ricostruito per punti la posizione dell'amministrazione Biden sul conflitto a Gaza, ricordando che gli Stati Uniti hanno "fermamente e pubblicamente respinto" le accuse di genocidio.  Sullivan ha ricordato che la guerra è iniziata a causa degli attacchi del 7 ottobre di Hamas, "gruppo terroristico che ha come obiettivo di distruggere Israele", e che gli israeliani hanno un "peso insolito e senza precedenti in questa guerra, perché Hamas usa ospedali, scuole e altre infrastrutture civili per usi militari ed ha costruito tunnel sotto aree civili, mettondo così in civili in mezzo al fuoco".  Questo non toglie a Israele "la responsabilità di fare tutto il possibile per proteggere civili innocenti", ha detto ancora Sullivan sottolineando che per i civili palestinesi "questa guerra è un inferno, il livello di morte e trauma che stanno subendo è inimmaginabile, la loro pena e sofferenza sono immense, nessun civile dovrebbe subirle. Il presidente – ha concluso – ha questo nei suoi pensieri ogni giorno". Nel criticare la scelta strategica di Israele di attaccare Rafah, Sullivan ha poi ricordato che i militari israeliani sono già entrati a Gaza City ed altri centri della Striscia "e si sono visti sempre i terroristi uscire dalle macerie perché secondo noi non c'è integrazione sufficiente tra piano militare e piano politico".  "Siamo preoccupati per questo – ha aggiunto il consigliere per la Sicurezza Nazionale della Casa Bianca, che più volte nel corso del briefing ha ribadito il "ferreo" sostegno di Washington all'alleato israeliano – abbiamo sollevato queste preoccupazioni, non con rancore, ma perché vogliamo vedere guerra concludersi con successo, vogliamo vedere Hamas sconfitta, vogliamo vedere i suoi leader consegnati alla giustizia". —internazionale/esteriwebinfo@adnkronos.com (Web Info)


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