Cultura & Spettacolo

Razionamento. Verso la società della carestia 

di Redazione -


“Razionamento” sarà la parola chiave della nuova emergenza, o meglio delle nuove emergenze che si annunciano dopo quella sanitaria e che hanno un unico obbiettivo: la transizione verso la società della carestia. Ma ripercorriamo brevemente, anzitutto, ciò che è successo in questi ultimi due anni.  La prima parola chiave è stata “lockdown”: serviva a chiuderci tutti in casa, con permessi di uscita mascherati fissati tassativamente dal governo, in nome del pericolo della diffusione del contagio. E poi?

Poi c’è stata fine del lockdown, le progressive riaperture, sulla spinta alla “corsa” per i vaccini. I quali infine sono arrivati, e la campagna vaccinale è stata condotta in nome di una nuova parola chiave: la caccia ai “no vax”, nuovi nemici da stanare, escludere dalla vita sociale, da trattare come pericolosi mafiosi. Il green pass è stato lo strumento da utilizzare contro chi esprimeva il proprio dissenso – spesso sulla base di più che legittime preoccupazioni –, costringendo per mesi all’isolamento, all’essere privato della possibilità di andare a lavorare o di uscire insieme agli amici. E poi, e poi?  

Poi l’emergenza sanitaria è rientrata, la situazione si è apparentemente “normalizzata”: l’opposizione vax/no vax, cittadini responsabili/cittadini cattivi, non poteva più reggere a lungo. Lo stato di emergenza permanente però ha bisogno di essere costantemente alimentato. E ci voleva qualcosa di forte, di più forte e di tragico. La guerra in Ucraina ha fornito una nuova occasione, ed una nuova parola chiave: il “filoputiniano”. Analogo meccanismo di prima: chiunque sia sospettato di essere un filorusso, è posto immediatamente fuori dal consesso civile. E guarda il caso il no vax di ieri è il putiniano di oggi. Così tutto nella narrazione si tiene.  

Fermiamoci per una riflessione. È vero – è una vecchia lezione – che nessuna coesione politica può essere ottenuta senza il riferimento ad un nemico. Così ha ad esempio funzionato (e può all’occasione sempre tornare ancora a funzionare), nella nostra repubblica, l’antifascismo. Ed è altrettanto vero che, già da tempo, questo nemico è sempre cercato all’ “interno” della comunità: si annida, invisibile, tra noi, e per questo va scovato, gli va data la caccia, in un clima di costante controllo. Ma oggi il meccanismo sembra impazzito: ad un nemico ne segue dopo pochi mesi un altro, ogni comportamento od opinione può divenire sospetta, ogni pubblica dichiarazione può compromettere per sempre il suo autore. A volte basta solo un tweet per rischiare il linciaggio. Ma questo può accadere in quanto, e nella misura in cui, si viva in uno stato di emergenza permanente. Il “pericolo” deve essere sempre incombente, il livello della tensione mantenuto alto. E finalmente, la nuova emergenza comincia a delinearsi, in continuità con la guerra in Ucraina, che a questo punto deve durare – come la pandemia – il più a lungo possibile. La Russia è il virus e le armi sono il vaccino (e pare funzionino proprio come il vaccino, e cioè poco).    

Guerra che si combatte anche con i droni, ma non è un gioco virtuale. È un grande mattatoio e i cadaveri non hanno neppure il diritto alla sepoltura. La guerra al virus ormai ci ha reso dei barbari: nessuna pietà, neppure per i morti. È una società ben misera quella verso cui stiamo andando. La società del razionamento globale che segna il passaggio dalla società dei consumi alla società della carestia. La società dell’opulenza distribuiva almeno illusioni a buon mercato, la società della carestia ti toglierà anche quelle. Razionare, distribuire i resti, siamo in guerra e dobbiamo pentirci di essere ancora in vita mentre gli altri muoiono sui campi di battaglia. Popoli dunque di penitenti e i governi hanno ora il nuovo compito: amministrare bene i loro digiuni. In fondo il regime di ristrettezze inaugurato con la cosiddetta austerity era solo una anticipazione, le ristrettezze non erano ancora la penuria, la carestia era soltanto mostrata. Ora il dragone trionfante fa sul serio.    

Ecco, allora, la nuova parola chiave: “razionamento” – di acqua, di energia, di cibo. Tra pochi giorni cominceremo a fare i conti con questa nuova fase. Si inizierà con la siccità: già i giornali e le televisioni ne parlano, annunciando una estate caldissima in cui ci saranno decreti sull’uso della lavatrice e la lavastoviglie, rigorosi divieti per i parrucchieri, per le piante da giardino, mentre il caldo africano “assedia” le coltivazioni agricole. Per il risparmio energetico, inoltre, i condizionatori potranno funzionare solo nelle ore stabilite dal governo con apposita ordinanza interministeriale, la quale non è escluso si occuperà anche del numero di docce settimanali consentito e del cambio della biancheria intima.  Un ex banchiere che si occupa del cambio delle mutande. Ci sarebbe materia per un film di Woody Allen, se fosse ancora attivo. E questo sarà solo il preludio di un autunno al contrario freddissimo: riscaldamento per poche ore nelle case, gas quel tanto che basta per cucinare una volta al giorno. Non ci sarà forse bisogno di mascherina per entrare nei negozi ma di una tessera elettronica in cui sarà segnato che cosa quel giorno possiamo comprare. E qui le cose si fanno serie, anche perché pagare solo con il bancomat e non ti autorizzano sei non in regola con la quinta dose (se non sei ancora vaccinato, tranquillo le puoi fare tutte assieme).  Il futuro è il razionamento. “Razionamento”, così già come “confinamento” e “pass” per uscire di casa in certe ore, alludono tutti ad uno stato di guerra, che oggi è divenuta permanente e contro un nemico invisibile, perché immateriale (il virus, la siccità, il gas, l’invasione delle cavallette, le tenebre). Ovviamente c’è sempre, per sicurezza, anche l’altra guerra, quella reale. 

Vecchio Carl Schmitt, è venuto il tempo di aggiungere un nuovo capitolo al tuo nomos della terra, alla storia di ciò che radica e mette in forma i nostri ordinamenti ed i nostri modi di vivere: siamo nell’epoca dello stato di guerra permanente. E non c’entrano le armi, le bombe, i carri armati: questi finiranno, prima o poi, perché dove c’è una guerra reale, c’è anche sempre la possibilità che essa finisca. Dove, invece, la guerra è permanente, essa non è più il contrario, la negazione della pace: è lo stato “normale” in cui si vive, è già essa stessa la nuova pace. La guerra è pace e si combatte a colpi di narrazioni letali, di falsificazione sistematiche dei fatti accaduti. Il virus ha effetti devastanti, ma in realtà è il risultato di manipolazioni genetiche effettuate in laboratorio, il vaccino salva anche se in realtà uccide pure, l’aggressore è Putin anche se in realtà è lui l’aggredito. Pure la siccità è colpa di Putin perché ha chiuso i rubinetti (del gas). Come diceva Guy Debord, “nel mondo realmente rovesciato, il vero è un momento del falso”.  Per questo le masse non vanno più nazionalizzate ma educate, educate all’obbedienza.  

Se ci chiediamo, dunque, che tipo di società sarà la società post-consumistica e post-pandemica che stiamo preparando, credo che la risposta sia proprio questa: una società della carestia, una società del controllo terapeutico esercitato attraverso la parola d’ordine del razionamento. Il regno dell’abbondanza è finito, comincia quello della decrescita, e non sarà per niente felice.  L’etica del futuro sarà l’etica delle diete. Bisogna diminuire il peso delle passioni. Non del risentimento, il mugugno come si dice a Genova, che anzi va farmacologicamente dosato per prevenire il rischio dell’alta pressione sociale.  Prevenzione terapeutica e nudge, peraltro non sempre gentile, diventano allora due aspetti complementari di un unico motivo: il controllo della popolazione.

Ci riusciranno? E chi lo sa, i cordoni sanitari servono a questo. 

Paolo Becchi


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