Riforma della giustizia, Nordio interviene in Senato
Non con la speditezza che il governo si augurava, ma il percorso della riforma della giustizia è ripartito. In realtà, il provvedimento è uscito dalla seconda commissione per sbarcare nell’Aula di Palazzo Madama già da una quindicina di giorni. Però, da un lato l’atteggiamento ostruzionistico dell’opposizione che ha iscritto in massa i propri esponenti a parlare in discussione generale e, dall’altro, un calendario che oltre ad un paio di decreti legge, che usufruiscono di corsie preferenziali, ha ospitato le comunicazioni della Presidente del Consiglio in vista del Consiglio europeo, hanno in qualche modo rallentato l’esame della riforma. Con le repliche del ministro Carlo Nordio nell’emiciclo del Senato, ieri si è comunque conclusa la fase della discussione e si sono svolte le prime votazioni, che riprenderanno la prossima settimana e, in base alla speditezza o meno con cui proseguiranno i lavori, potrebbero protrarsi anche per la successiva.
L’intervento del Guardasigilli è stato tutt’altro che accomodante
Nordio ha chiaramente voluto controbattere alle accuse provenienti dall’opposizione sia sulla riforma che, più in generale, sull’azione del governo nell’attuale scenario di crisi internazionale. Poi sono iniziate le sfilettate alla magistratura. Circa uno dei punti più dibattuti della riforma, ovvero la discussione sull’autonomia delle toghe che qualcuno vedrebbe compromessa dalla separazione delle carriere, il ministro della Giustizia ha detto che “la magistratura è sicuramente indipendente – e deve restarlo – dal potere politico e dall’esecutivo ma non è affatto indipendente da se stessa. E’ vincolata da tutta quella matassa ingarbugliata di potere, che si chiama correnti, per la quale i magistrati hanno il coraggio di manifestare in piazza, ma non hanno il coraggio di dire apertamente che sono favorevoli a certi provvedimenti, come questo”, perché se lo facessero “sarebbero eliminati dalla struttura del potere delle correnti“. Parole dure alle quali seguono quelle che assumono tutte le sembianze di un’accusa a una certa magistratura politicizzata. Nordio parte da lontano, ricordando come “dal 1993 vi è stata una mutilazione della politica da parte di un intervento della magistratura che peraltro a mio avviso non è stato programmato e voluto, ma è stato colmare un vuoto di potere nei confronti di una politica che aveva fatto retrocessione e che aveva, in un certo senso, abdicato al suo ruolo“. Poi ci va giù, se possibile, ancora più duro facendo espresso riferimento alla pratica di “eliminare l’avversario per via giudiziaria quando non si riusciva a eliminarlo per via politica”. Una prassi che la riforma della giustizia, che “mira anche a riportare una equità e una dignità alla politica”, vuole superare proprio attraverso il sorteggio dei componenti del Csm. Se l’opposizione pubblicamente non commenta l’intervento del ministro, ma si limita a farlo a taccuini chiusi bollando, come nel caso del Pd, le sue parole come “quantomeno inopportune”, in serata a replicare è il segretario generale dell’Anm Rocco Maruotti che definisce “allarmante” il riferimento del Guardasigilli al rapporto tra politica, magistratura e sorteggio dei membri del Csm. E se le polemiche al discorso in Senato del ministro Nordio si limitano a questo, non si può dire lo stesso del seguito della seduta. A scatenare l’ira dell’opposizione è la riproposizione, nel tentativo di accorciare i tempi dell’esame della riforma della giustizia, del cosiddetto ‘canguro’, ovvero quel meccanismo nato per contrastare l’ostruzionismo accorpando gli emendamenti tra loro simili per farli decadere tutti una volta bocciato il primo messo in votazione. Una formula non nuova che ha dovuto difendere la Presidente di turno, Licia Ronzulli, che dinanzi alle recriminazioni dell’opposizione ha richiamato il parere con il quale la Giunta per il Regolamento ha stabilito che la Presidenza del Senato può avvalersi di questa pratica anche per l’esame di leggi costituzionali.
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