Il Sud fabbrica di leader: vincere non basterà a Schlein per restare in sella al Pd
Elly Schlein e il Pd. Zdenek Zeman diceva che il risultato è frutto del caso, la prestazione no. Comunque la pensiate sul Boemo, questa frase non rappresenta certo un inno alla sconfitta. Ma sottintende che, al di là delle battaglie che possono essere vinte o perse, ciò che conta è la guerra. E vincerla, in politica (così come nel calcio), è tutto. Elly Schlein, che di pallone è pure appassionata, farebbe bene a tenerlo presente. Il corto muso, alle Regionali, non basterà. Tantomeno il pareggio. Non sarà una questione di contabilità elettorale. Per ora, il campo largo è sotto di due. Agevolmente, dicono quelli che la sanno lunga, arriverà dalla Toscana il successo che dimezzerà lo svantaggio. Poi c’è il Veneto, che dovrebbe andare agli avversari e, quindi, Campania e Puglia. Dove il centrosinistra sarebbe in vantaggio. I pallottolieri dicono tre a tre. Come se bastasse. Il risultato, elettorale in questo caso, è frutto di mille variabili. Ma è la prestazione quella che conta. Ecco, allo stato attuale, Elly Schlein è in tremenda difficoltà. Perché ha scommesso tutto sull’intesa (finora bidone) a ogni costo con Giuseppe Conte e il suo M5s, che, come il mitico Renato Portaluppi o l’ancor più iconico Luis Silvio, non sta giocando per niente bene e, anzi, non si schioda dal 5-6% racimolato tra Marche e Calabria, dove pure aveva il candidato governatore. E perché questa scommessa le ha spaccato lo spogliatoio. In Campania, il nome di Roberto Fico non fa battere il cuore proprio a nessuno. È piovuto sulla testa dei campani. Di sinistra e di destra. Accomunati dalla sfiducia rispetto all’ex presidente della Camera. Troppo pentastellato per gli uni, scomunicato da Grillo per gli altri. Un candidato governatore così ingombrante ha bisogno di tanta pazienza e, soprattutto, di tessitori, sherpa, diplomatici. Insomma, Fico dovrà pure affidarsi a qualcuno che gli consenta di mantenere rapporti di buon vicinato con i rumorosi vicini, da De Luca a Mastella. Per sua fortuna, c’è Gaetano Manfredi. Sindaco di Napoli, ex rettore della Federico II. Moderato ma vicino, se non altro per comuni frequentazioni dell’alta borghesia napoletana delle professioni, all’ex Presidente della Camera.
E poi c’è la Puglia. Dove Antonio Decaro sa benissimo che vincerà. E che non dovrà ringraziare nessuno. Perciò si può permettere di tendere la mano al rivale Luigi Lobuono, candidato civico del centrodestra, che l’ex sindaco di Bari ha definito “un galantuomo” promettendogli di confrontarsi sui temi. Sarà, la sua, una campagna elettorale aperta al dialogo e Decaro punta a vincerla alla grande. Più ampia sarà la base dei suoi consensi, in una Regione in cui la destra è storicamente forte e presente, più grandi saranno le sue chance, domani, di presentarsi a Roma per soffiare a Elly Schlein la guida del Pd. Ecco, dunque, il vero problema per Elly. Dopo aver incoronato, nel centrodestra, l’ascesa folgorante di Roberto Occhiuto che, in un colpo, s’è preso Calabria e Forza Italia, il Sud rischia di trasformarsi in una vera e propria fabbrica di leader e di “creare” il nuovo capo dem. Magari uno a scelta tra Gaetano Manfredi e Antonio Decaro. Due moderati, riformisti, dialoganti uomini delle istituzioni, investiti dal voto popolare diretto. Non è poco. Il risultato, per Elly, sarà pure frutto del caso come diceva Zeman. Il guaio, per lei, è la prestazione del campo largo che non convince proprio nessuno. Del resto, a ben vedere, a Eugenio Giani, in Toscana, il M5s ha fatto opposizione fino a ieri l’altro e Giovanni Manildo, in Veneto, tutto è tranne che un radical chic. Non sarà una vittoria di corto muso, per Elly. Anzi, per Schlein, il rischio per lei sarà quello di perdere definitivamente il controllo della squadra del Pd e di non arrivare a mangiare il panettone.
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