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“Senza medici e infermieri la sanità rischia il fallimento”

di Eleonora Ciaffoloni -


“La sanità non è dei burocrati e dei macchinari: la sanità è dei professionisti e bisogna intervenire su di loro”. Queste le parole di Filippo Anelli, Presidente della Federazione Nazionale che in occasione della Giornata nazionale del personale sanitario, socio-sanitario, socio-assistenziale e del volontariato ha sottolineato l’importanza dei professionisti del Servizio Sanitario Nazionale e delle difficoltà dell’intero settore.
Qual è la situazione del Sistema Sanitario Nazionale?
“Dal punto di vista economico non è di certo una situazione florida, anche per il sistema delle Regioni che è molto articolato. Stiamo spendendo più di quanto lo Stato finanzia il Servizio Sanitario Nazionale attraverso il Fondo Sanitario Nazionale. Il fondo oggi è di 128 miliardi e la previsione di spesa dichiarata dalla Corte dei Conti in Parlamento è di circa 134 miliardi. Il rischio è maggiore rispetto allo scorso anno quando avevamo chiuso intorno ai 133 miliardi e ora le risorse non ci sono. A questo si aggiunge il modello organizzativo”.
Ci spieghi meglio.
“Si tratta di un modello che sempre di più blocca il turnover dei medici e chi va in pensione non viene sostituito. Insomma, siamo arrivati al punto che se ci sono dieci medici in un reparto e quattro vanno in pensione, gli altri sei devono far fronte al lavoro che facevano dieci persone. I carichi di lavoro sono diventati abnormi e ne risente inevitabilmente la qualità del lavoro, quindi si ha meno tempo per parlare con i pazienti e anche per assisterli in maniera adeguata. E così i professionisti scelgono altro”.
Come i gettonisti?
“Il mercato di oggi con il sistema dei gettonisti propone 120/130 euro all’ora, per cui in un turno di 12 ore si superano i mille euro. E in molti hanno cominciato a virare lì. Perché si ha più tempo da dedicare alla famiglia, si ha la possibilità di scegliere quando e come lavorare in base al bisogno, con una qualità di vita migliore rispetto a quella stressante che si vive all’interno del Sistema Sanitario Nazionale”.
Ci sono e quali sono i margini di intervento?“
Anche la prospettiva di sviluppo del SSN non è di quelle floride. Questo governo, ma non solo, continua a mantenere il tetto di spesa per il personale a quello del 2004 (-1,4%): il prossimo anno saranno vent’anni. E negli aumenti che ci sono stati, come i 14 mili0rdi in quattro anni Fondo Sanitario Nazionale, non un euro è stato destinato alle professioni sanitarie. In più, ci aggiungiamo 15 miliardi del Pnrr che sono stati destinati solo a strutture e infrastrutture e niente è andato ai professionisti, che si sentono messi da parte”.
E quindi come intervenire?
“Serve un cambio di passo, un’inversione di marcia. La sanità non è dei burocrati e dei macchinari: la sanità è dei professionisti e chiediamo un cambio di paradigma”.
Ci faccia un esempio.
“È certo un bene avere una tac nuova, ma se non ho un numero adeguato di tecnici di radiologia e un numero adeguato di radiologi che mi consentono di utilizzare il macchinario è inutile. Se non c’è personale le Tac non funzionano e non servono. Serve un nuovo modo di pensare, un cambio di mentalità che oggi non si vede”.
Cosa chiedete alle istituzioni?
“Noi rappresentanti del milione e mezzo di professionisti italiani continuiamo a ribadire al governo una attenzione diversa da quella che ci è stata riservata in passato”.
Il ministro Schillaci ha parlato di emergenza nazionale, con particolare attenzione al problema che colpisce i Pronto Soccorso. È un primo passo?
“È la punta dell’iceberg di una situazione molto più complessa. Se ci fermiamo solo a quello non si riescono a capire i veri problemi di fondo del sistema. Noi chiediamo un impegno da parte del governo nei confronti dei professionisti con degli investimenti vincolati”.
Cioè?
“Quando i fondi vanno a finire nel mare magnum del Fondo Sanitario Nazionale affidato alle Regioni, queste utilizzano il denaro per coprire i buchi e risolvere i propri problemi”.
Quindi investimenti sul personale, ma quali altri interventi si possono prevedere?
“Noi abbiamo già messo a punto degli interventi importanti, come lo svuotamento dell’imbuto formativo. Questo è stato fatto con i governi precedenti e con il ministro Speranza che aveva messo a disposizione 17mila borse di studio. Un intervento fatto per invertire quella circostanza che vedeva le borse di specializzazione sempre in numero inferiore rispetto al fabbisogno: quindi tra tre o quattro anni avremo circa 60mila specialisti che in qualche modo risolveranno uno dei problemi. Ma il vero problema è oggi.
Come risolverlo?
”Oggi c’è necessità di rendere attrattivo il sistema: assistiamo ai prepensionamenti – con i medici che anticipano il ritiro perché non riescono a mantenere i ritmi di lavoro – e assistiamo al fenomeno dei gettonisti. Serve che, nel rinnovo dei contratti di lavoro, venga inserito un intervento economico straordinario dello Stato. Aumentare la retribuzione, assumere, togliere il tetto di spesa sul personale e intervenire sul territorio può rendere più attrattivo il sistema. Ma questo significa investire tra i 10 e i 15 miliardi e va fatto sul personale, altrimenti non c’è chi cura le persone. Oggi non vediamo in nessuna forza politica questa convinzione. E investire sul personale significa dare un messaggio chiaro e diverso rispetto al passato. Se questa inversione di tendenza non c’è, il resto è solo fatto di pannicelli caldi che non risolvono le questioni che noi poniamo”.

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