Politica

Si discute e si litiga sul programma ma il vero problema è Conte

di Redazione -


Quando leggerete questo articolo è molto probabile che il presidente della Camera, Roberto Fico, si sia già recato al Quirinale per riferire al capo dello Stato, Sergio Mattarella, sull’esito della sua “esplorazione” tra i partiti che formavano la vecchia maggioranza di governo e con l’aggiunta dei nuovi gruppi parlamentari dei “responsabili” . Non abbiamo la palla di vetro, quindi, poiché scriviamo mentre alla Camera sono in corso i tavoli programmatici per cercare di stilare un “contratto” che dovrebbe essere l’asse portante del nuovo esecutivo, non siamo in grado di dirvi cosa riferirà Fico a Mattarella e, soprattutto, cosa deciderà il presidente della Repubblica. Allora niente predizioni ma solo alcune considerazioni che dovrebbero portare ad un’esclusione del Conte-ter ed alla nascita di un nuovo governo, probabilmente istituzionale, con il compito principale di mettere a punto, in modo articolato, il piano italiano da presentare entro il 15 aprile alla Ue per poter accedere ai fondi messi a disposizione con il “Recovery Fund”. Solo dopo questo adempimento, se il Parlamento non sarà in grado di mettere in piedi una maggioranza solida a sostegno di un nuovo governo, Mattarella potrebbe sciogliere le Camere e indire nuove elezioni politiche. Passiamo quindi alle considerazioni. PUNTO 1 – La crisi del Conte-bis, aperta formalmente a gennaio da Matteo Renzi, si trascinava da tempo e se non era esplosa prima lo si deve solo alla pandemia che non ha risparmiato il nostro Paese e che ancora imperversa. Dal ritiro delle ministre di Italia Viva dal governo ad oggi, le forze della maggioranza – M5S, Pd, Iv e LeU – non si sono risparmiate critiche, anche pesanti. Da Palazzo Chigi, democratici, pentastellati e Liberi e Uguali sono state sparate vere bordate contro Renzi, definito “inaffidabile” (tutti), “accoltellatore” (Alessandro Di Battista), “mai più con Renzi” (tutti), “lo asfaltiamo al Senato” ((Rocco Casalino, più che un portavoce di Giuseppe Conte). Il leader di Iv, dal canto suo, ha attaccato il presidente del Consiglio accusandolo di aver governato attraverso i Dpcm, ignorando sistematicamente il Parlamento. Dopo che sono volati gli stracci pubblicamente, si vorrebbe rimettere insieme le stesse forze. In politica “mai dire mai”, ma qui ci vorrebbe un autentico miracolo. PUNTO 2 – Per sedersi intorno ai tavoli programmatici tutti hanno detto che non bisognava porre dei veti, ma poi tutti li hanno posti. I sostenitori di Conte hanno ribadito a più riprese che il presidente del Consiglio non si tocca perché è il collante di questa maggioranza e perché è molto stimato in Europa. Renzi, pur non dicendosi mai ufficialmente contrario al Conte-ter, non vuole che “l’avvocato del popolo” rimanga a Palazzo Chigi, da lui attaccato per aver creato con i suoi comportamenti un “vulnus nelle regole del gioco, delle regole democratiche” . 

Per il leader di Iv, inoltre, Conte non sarebbe in grado di affrontare le varie emergenze dell’Italia, da quella sanitaria a quella sociale e politica. Altro veto, questo posto dai cinquestelle: non mettere sul tavolo i temi che possono dividere, quali il Mes. Ma se non si discutono i problemi sui quali non si è d’accordo, come si possono trovare delle intese o dei compromessi?. Dal canto suo Renzi vuole la discontinuità dal precedente governo e questa la si può ottenere solo con il ricambio non solo di qualche ministro (ma anche qui in alcuni casi si sono sollevate delle barricate), ma anche del premier. PUNTO 3 – Una questione non di secondo piano riguarda poi il programma di governo sul quale i partiti della vecchia maggioranza stanno lavorando. Ammettiamo che si addivenga ad un accordo ma cosa succede poi? Il nuovo presidente del Consiglio, Conte o non Conte, sarà un semplice esecutore di questo “contratto” che si va a stipulare o vorrà dire la sua, con il rischio di rimettere tutto in discussione? PUNTO 4 –  Mettiamo comunque il caso che tutti questi problemi vengano appianati, la domanda è: come farà questo governo, che si basa su una maggioranza eterogenea e litigiosa, ad andare avanti fino al termine naturale della legislatura. A prescindere dalla “inaffidabilità” di Renzi, c’è un problema interno ai cinquestelle che potrebbe portare ad una implosione o ad una scissione tra i grillini (a proposito, Beppe Grillo, in questi gorni convulsi, sembra sparito). Alessandro Di Battista, massimo rappresentante dell’area che si richiama alle origini del movimento, ed altri esponenti pentastellati, tra i quali sembra una decina di senatori, hanno ribadito nei giorni passati il loro “mai con Renzi”. Come si tradurrà questo no ad un nuovo accordo con “l’accoltellatore”? 

E’ molto probabile che, uscita o no dal movimento, i numeri tornerebbero ballerini al Senato con tutti i problemi conseguenti. E questo in un momento molto difficile per l’Italia. Ci fermiamo qui nelle nostre considerazioni, ma ce ne sarebbero altre. Quello che è certo che al Quirinale non si dormono sonni tranquilli. E non è tranquillo nemmeno Conte che, pur forte del sostegno ufficiale di tre forze su quattro della vecchia maggioranza, teme che alla fine del braccio di ferro in corso con Renzi  dovrà tornare alla sua attività forense ed all’insegnamento.     

 Giuseppe Leone


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