Siamo tutti la famiglia Linetti
“Tutte le famiglie felici si somigliano. Ogni famiglia infelice, è infelice a modo suo”. Così scriveva Lev Tolstoj nelle prime righe del suo capolavoro Anna Karenina. Se è maschio si chiama Gino racconta lo spaccato di una famiglia, quella dei Linetti, che è una famiglia felice. E somiglia a (quasi) tutte le altre, nel modo più semplice che possiamo immaginarci: perché è vera. Un racconto fresco, sincero, che raccoglie le voci di tre fratelli, tanto diversi quanto uniti che improvvisamente si ritrovano sotto il tetto dei genitori. Lisa, avvocato di 32 anni, dopo il matrimonio fallito con il fidanzatino del liceo Luca, si ritrova con scatoloni in spalla alla porta dei genitori. A suonare il campanello c’è anche Mirko, il fratello di mezzo, di 29 anni, progettista nel campo dei videogiochi. È sordo (“il che è un bel guaio se nasci in una famiglia rumorosa”) e si ritrova senza casa a seguito di un incendio. Ad accompagnarlo l’amico di una vita nonché coinquilino Andrea, anche lui pronto a chiedere asilo ai Linetti. Di ritorno dal cammino di Santiago c’è anche Greta, la piccola di casa, che rientra a casa senza capelli e con le idee più confuse di quando è partita. Vite stravolte che tornano a stravolgere la quiete – non troppo gradita, a dire il vero – di due genitori che, come con un salto indietro nel tempo, vedono la casa ripopolarsi. Così, ha inizio una convivenza forzata: a tratti difficoltosa per ritmi, abitudini ed esigenze diverse, ma molto spesso anche unificante nella risoluzione dei problemi, quelli piccoli che sembrano grandi e di quei fardelli enormi che una volta condivisi diventano la cosa più facile del mondo. Quando vi addentrate in questo romanzo di esordio della giovane Jessica Franchi entrerete in automatico – e nel modo più empatico – in ognuno dei personaggi e nei componenti della famiglia. E non sarà difficile riconoscersi in qualche lato nascosto o esplicito dei protagonisti. Nella precisione di Lisa, nell’orgoglio di Mirko o nella sbadataggine di Greta. Ogni punto di vista è vicino al lettore perché è vero. Non ci sono plot twist da effetti speciali, perché non servono: ogni cambio di trama è la strada naturale intrapresa da ogni personaggio e anche quando il risvolto non è del tutto positivo, non c’è mai un accenno all’arrendevolezza. C’è voglia di condividere, di ricominciare, di prendere il toro per le corna e andare avanti. Un atteggiamento che viene trasmesso al lettore che non smette di credere al potere della famiglia, anche quando mancano poche pagine alla fine. Perché è la strada della vita ed è il destino che potrebbe capitare a ognuno di noi. Ecco perché Se è un maschio si chiama Gino ti scorre velocemente sotto le dita come un racconto di un vissuto (vicino o lontano). Una di quelle storie che potreste ascoltare dalla voce dei nonni o che noi stessi potremmo raccontare ai più piccoli. Un primo romanzo che è un “Ciclone”, proprio come il film. E se almeno una volta avete sentito quell’ “olè” di Pieraccioni questo libro è quello che fa per voi.
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