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Sinner ci regala la Coppa, ora ridateci la vecchia Davis

di Redazione -


di RAPHAEL D’ABDON

“L’Italia non ha vinto la vera Coppa Davis”: un commento che puzza di acido, di bile, di fiele, uscito dalla bocca di Lleyton Hewitt, capitano del team australiano umiliato dall’Italia nella finale di domenica. Commento che però, gli va dato atto, sottoscrivono a denti stretti tutti gli appassionati onesti che non hanno iniziato ad interessarsi di tennis ieri o l’altroieri. C’era una volta la Coppa Davis, lo storico campionato mondiale a squadre al meglio delle cinque partite, con quattro singoli e un doppio giocati al meglio dei cinque set, senza tiebreak, nel quale il fattore campo faceva la differenza. Sfide all’ultimo sangue, segnate da scontri epici, combattuti dai migliori giocatori del mondo sui campi di battaglia più improbabili e impervi: il linoleum di Asunción, poi vietato dalla federazione internazionale, che rendeva letali i paraguaiani Pecci e Gonzalez; la palude di Goteborg, allestita dagli svedesi per neutralizzare l’imbattibile John McEnroe annata 1984; la torcida brasiliana, dalla quale nel 1992 venne scagliato un serpente in direzione di Boris Becker. Altri tempi, altre emozioni, altro tennis. Ahinoi, dal 2019 questa competizione che incarnava le tradizioni più antiche del nostro sport ha lasciato il posto a una kermesse di cartapesta partorita da una corporation (il Gruppo Kosmos), che dell’antica disfida tra nazioni ha mantenuto il nome e nient’altro. I vincitori di questa carnevalata quest’anno siamo noi italiani. La fase finale giocata a Malaga su un campo velocissimo, ammazza-spettacolo, oltre che esteticamente osceno, vedeva in campo due compagini decenti ma non eccezionali (noi e la Serbia) e sei squadrette (Canada, Finlandia, Repubblica Ceca, Gran Bretagna, Olanda e Australia) senza arte né parte. L’abbiamo portata a casa grazie a un super Jannik Sinner, che in semifinale ha sorpreso Djokovic quando eravamo già con un piede e mezzo nella fossa. Nella sua non più giovanissima carriera il Prescelto ha giocato solo due match stellari: quello perso con Alcaraz agli US Open 2021 e questo, decisivo, vinto con il GOAT. Una vera e propria impresa che lo ha elevato, giustamente, al rango di eroe nazionale: dei sei punti conquistati dagli azzurri per vincere l’insalatiera, cinque sono suoi (tre singoli e due doppi col fido Sonego) e uno dell’acerbo Arnaldi. Anche questa volta Capitan Volandri ha fatto tutto il possibile per farci eliminare (suicida la scelta di schierare Musetti con la Serbia), ma per nostra fortuna ci ha pensato un Sinner in stato di grazia a togliere le castagne dal fuoco. Il Gucci Kid chiude la stagione col botto e noi ci godiamo questa (fu) Coppa Davis: sarà pure un baraccone senza fascino, ma è sempre meglio vincerla che fare da tappezzeria. Ciò premesso, ci auguriamo che vengano ascoltate le voci dei tantissimi che, in maniera sempre più insistente, chiedono un ritorno alla formula antica: come insegna T. S. Eliot, il progresso spesso si ottiene riconoscendo gli errori commessi e ritornando, più maturi e consapevoli, a ciò che si era immaturamente abbandonato.


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