Siria: raid di Israele mentre si prova il “cessate il fuoco”
Si intensificano le azioni di Israele, il bilancio dei morti si aggrava
Raid di Israele sono in corso in Siria contro siti militari nella regione siriana di Latakia, rende noto al-Jazeera. Latakia è una delle principali città portuali della Siria sulla costa mediterranea, ripetutamente colpita da attacchi aerei israeliani nel corso degli ultimi mesi, in un contesto di intensificata attività militare dello Stato ebraico contro obiettivi siriani dopo la caduta del regime di Bashar al-Assad. Ma il presidente ad interim siriano Ahmed al-Sharaa accusa Israele di aver innescato “significative complicazioni della situazione che ha portato al livello di una escalation su vasta scala. Solo grazie all’intervento efficace di una mediazione americana, araba e turca la regione è stata salvata da un destino ignoto”. “Non siamo fra coloro che temono la guerra. Abbiamo trascorso le nostre vite affrontando sfide e difendendo la nostra gente, ma abbiamo anteposto gli interessi dei siriani al caos e alla distruzione”, ha sottolineato, precisando che Israele “ha lanciato raid su larga scala contro siti del governo e civili”.
Damasco ha pure annunciato l’inizio del ritiro delle forze militari dispiegate a Sweida dopo l’accettazione di un cessate il fuoco secondo un accordo il cui testo, pubblicato sul sito del ministero degli Interni, prevede “la cessazione totale e immediata di tutte le operazioni militari” e l’istituzione di una commissione, che include rappresentanti del governo e i leader spirituali drusi, per controllarne l’attuazione. Il ministero della Difesa siriano ha quindi confermato “l’inizio del ritiro dalla città di Sweida nell’attuazione del contenuto dell’accordo adottato dopo la fine dell’operazione contro i gruppi fuori legge in azione nella città”. I militari siriani erano stati dispiegati a Sweida per porre fine agli scontri fra drusi, minoranza in Siria in maggioranza nella cittadina del sud del Paese, e incursori beduini ed erano stati accusati di aver preso parte in seguito alle operazioni contro civili drusi.
Il bilancio dei morti in Siria
Il bilancio complessivo degli scontri scoppiati a Sweida, in un primo momento fra la comunità locale dei drusi, che in questa località del sud della Siria sono la maggioranza, e gruppi di beduini, in seguito anche per l’intervento delle forze militari di Damasco e di raid dell’Idf, è di 350 morti, come segnala l’Osservatorio siriano per i diritti umani basato a Londra. Fra le vittime, precisa l’Osservatorio. 79 combattenti drusi, 55 civili, 27 dei quali “in esecuzioni sommarie a opera delle forze dei ministeri della Difesa e degli Interni di Damasco”, 189 elementi delle forze di sicurezza, 19 beduini e il giornalista Hassan al-Zaabi.
In un discorso trasmesso dalla televisione, il suo primo intervento dall’inizio dei pesanti raid dell’Idf su Damasco, il leader siriano, come già aveva fatto il giorno precedente il premier israeliano Benjamin Netanyahu, ha assicurato che proteggere la comunità drusa e i suoi diritti “è la nostra priorità”. “Rifiutiamo ogni tentativo di trascinarvi nelle mani di parti esterne”, ha aggiunto rivolgendosi direttamente ai drusi.
Il ritiro da Sweida
Ieri sera l’esercito siriano aveva “iniziato a ritirarsi dalla città di Sweida in attuazione dei termini dell’accordo adottato, dopo aver concluso le operazioni di rastrellamento della città alla ricerca di gruppi fuorilegge”. Il ministero della Difesa siriano tuttavia non faceva menzione del ritiro di altre forze di sicurezza governative dispiegate nella città a maggioranza drusa, teatro di scontri violenti con le forze governative negli scorso giorni fino al raggiungimento di un cessate il fuoco tra le forze dell’esercito e i leader della minoranza del corso della giornata di ieri.
In serata gli Stati Uniti avevano chiesto il ritiro delle forze siriane dalle aree più sensibili, con il segretario di Stato Marco Rubio che aveva alluso a “passi specifici” concordati “che metteranno fine a questa situazione inquietante e terrificante già questa notte”. Nelle stesse ore il ministro degli Esteri siriano faceva sapere di aver “accolto con favore” gli sforzi Usa.
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