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SLOT MACHINE DENARO

di Rita Cavallaro -


Una vita nel lusso con i soldi delle slot machine. I carabinieri del Ros stanno ricostruendo la valanga di soldi che ha garantito al capo dei capi Matteo Messina Denaro una latitanza dorata. Scontrino dopo scontrino, tra abiti griffati e cene in ristoranti chic, il tenore di vita dell’ultimo dei padrini si aggirava attorno ai 7mila euro al mese, senza contare le spese in contanti sulle quali non c’è certezza. E tra le attività che rimpinguavano le casse del capo di Cosa nostra, oltre alle infiltrazioni in aziende dell’eolico e perfino dell’aloe, ci sono le slot machine e le scommesse online. Gli affari sulle macchinette venivano gestiti dai suoi fedelissimi, arrestati il 6 settembre scorso nell’operazione Hesperia dei carabinieri del Ros. Nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere per i 35 emissari di Denaro a protezione della latitanza, si fa riferimento a due inchieste della Dda, che hanno portato in galera, nel 2019, l’imprenditore Calogero Jonn Luppino, re delle scommesse online condannato per associazione mafiosa a 18 anni di prigione. Un re incoronato direttamente dai vertici della Cupola, come rivelano le intercettazioni agli atti, con la banda dei picciotti impegnata ai imporre, attraverso le minacce e l’intimidazione, le macchinette della società dell’imprenditore ai bar e ai locali della zona. “È stato accertato l’intervento di Francesco Giuseppe Raia”, scrive il gip di Palermo Walter Turturici facendo riferimento al capo del clan di Marsala, che a sua volta eseguiva gli ordini di Denaro, “per il controllo del settore dei giochi sul territorio di Marsala, settore nel quale il Luppino era un vero e proprio leader che aveva espanso la propria attività su tutta la provincia trapanese grazie a Cosa nostra, che ne percepiva ingenti guadagni”. Con questo sistema, gli affiliati avevano scalzato le altre società e imposto il giro di giochi e scommesse di Luppino sulla maggior parte degli esercizi commerciali. E dietro la società Alicos giochi slr, riconducibile a Jonn Luppino che veniva chiamato “quello dei videogiochi”, c’era la famiglia del capo dei capi. L’imprenditore, infatti, si incontrava con Rosario Allegra, il cognato di Matteo Messina Denaro, per fare il punto sulla situazione. Il Ros ha documentato le conversazioni, tra cui una del 16 novembre 2017 nell’ufficio di Luppino, durante la quale i due commentavano il clima teso che stava attraversando i mandamenti mafiosi, in un conflitto interno di Cosa nostra trapanese culminato con l’omicidio di Giuseppe Marciano a Campobello di Mazara, il 6 luglio 2017, i cui mandanti ed esecutori sono ancora ignoti. Una situazione che incideva pure sugli affari e che si sarebbe risolta con la scarcerazione di Francesco Luppino, l’uomo d’onore designato dal super latitante come suo braccio destro. “Lui ora esce”, dice Jonn Luppino. “Speriamo… secondo me se esce prende in mano… la situazione lui la deve prendere in mano”, risponde il cognato del boss. Cosa che era avvenuta, con zio Franco che aveva riportato la pace nei mandamenti e riorganizzato la squadra degli affiliati, facendo così rifiorire gli affari e il mercato delle vacche delle slot machine. Gli investigatori stanno cercando di ricostruire il giro milionario di denaro e cercano di seguire i soldi per individuare anche il minimo indizio che possa condurli al tesoro di Cosa nostra. Gli introiti dai giochi, però, avevano avuto una battuta d’arresto nel febbraio 2019, quando Jonn Luppino era stato sottoposto a custodia cautelare. La cattura dell’imprenditore era stata un duro colpo per il sodalizio, come emerge da un’intercettazione di Hesperia del 9 marzo 2020 in cui l’emissario di Franco Luppino, Piero Di Natale, e Vincenzo Spezia, figlio del boss defunto Nunzio, “lamentavano la sofferenza economica patita dal sodalizio, colpito dai plurimi arresti degli imprenditori che lo finanziavano attraverso il gioco, in evidente riferimento a Calogero Jonn Luppino”, scrive il gip . “Chi deve portare? Non porta niente nessuno… non porta niente nessuno… neanche il gioco… non c’è niente… con il gioco fesserie ci sono… con queste sale giochi c’è… non guadagna più nessuno”, dice Spezia. “Si guadagnava prima … quando c’è stato quello e c’è stato…”, si ferma Di Natale, senza fare riferimenti al boss. Tra l’altro sempre Spezia, negli ultimi mesi, aveva avuto ben undici incontri segreti con Franco Luppino, tra cui quello del 20 ottobre 2019, in cui pretendeva ordini diretti dal capo dei capi prima di mettere in atto un’azione estorsiva, tanto da chiedere a Luppino di mandare un pizzino al super latitante. “Prendi e ci vuoi scrivere pure o solo tu … siamo arrivati ..ppii.. chi è che deve stringere… pi..andare a parlare con quello che manca”, diceva Spezia nell’intercettazione ambientale registrata dal Ros. Inoltre aveva affrontato anche la questione gioco con il braccio destro del boss e aveva raccolto i timori di zio Franco per un imminente arresto a causa dell’asserita collaborazione instaurata da “quello dei videogiochi”. Luppino gli aveva detto: “Si è pentito… sta accusando a me pure… sta mettendo in mezzo pure a me… a momenti capace che mi arrestano…”. E Di Natale manifestava tutto il suo astio verso l’imprenditore: “Prima ci mangia e poi ci sputa… cazzi suoi! anche per lui stesso… se comincia a parlare male anche delle persone che… sue… che erano vicine a lui e succedono dico… cioè non… per lui… secondo me è sbagliato perché sostanzialmente alla fine o parla bene o parla male la galera lo stesso se la fa… dico, può andare solo a discapito suo, non ha senso”.
E Jonn Luppino non ha mai parlato.

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