Politica

Stop al Mes. Partiti divisi, così iniziano le Europee

di Domenico Pecile -


Les jeux sont faits? Macché, i giochi sono soltanto all’inizio, visto che la Camera ieri ha respinto al mittente la proposta di legge di ratifica ed esecuzione dell’Accordo recante modifica del Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità (Mes). E il “come” si è arrivati alla bocciatura apre una nuova stagione della politica italiana, non soltanto in chiave interna ma anche europea. Giochi apertissimi, dunque, anche perché se la vera posta in gioco sono le elezioni europee e i nuovi, futuri equilibri politici di Bruxelles, pare evidente che – auspice il proporzionale – assisteremo a una lotta senza esclusione di colpi del tutti contro tutti, a prescindere dalle alleanze.

L’esito del voto di ieri alla Camera è verosimilmente soltanto un’anticipazione di quanto durissima sarà la campagna elettorale. Ieri, in maggioranza hanno votato contro la ratifica del Mes Fratelli d’Italia e Lega, mentre Forza Italia e Noi moderati si sono astenuti. Ma la spaccatura è stata più evidente nel centro sinistra dove il M5S ha fatto eccezione e ha votato assieme a FdI e alla Lega. A cantare vittoria sono soprattutto Salvini e Conte (toh, chi si rivede assieme…), mentre Giorgia Meloni fa buon viso a cattiva sorte. Così, alla luce del voto di ieri appare più nitido quanto accaduto il giorno precedente con il sì all’accordo sul Patto di stabilità. Prevedendo il no al Mes, il voto di mercoledì doveva essere giocoforza positivo. Un doppio no avrebbe infatti costretto il premier Meloni a volare in Belgio e riferire a von der Leyen e Scholz che l’Italia sarebbe stata di fatto fuori dall’Europa.

E mentre l’agone politico da ieri pomeriggio trabocca in modo ridondante di dichiarazioni, è chiaro che – un po’ in analogia con quanto è accaduto in Francia con la Le Pen che sul problema immigrazione ha votato con Macron – il quadro politico italiano ne esce sconquassato. La mossa, per altro annunciata di Conte, sembra destinata a porre fine al sogno di campo largo o di una riformulazione dell’Ulivo inseguita da Schlein con la benedizione – avvenuta al meeting di Firenze – della veccia guardia dem, Prodi e Letta in primis.

Non è ancora guerra aperta per la leadership a sinistra e per chi tra 5S e Pd otterrà più voti alle europee, ma poco ci manca. Capita così che il “lavoriamo insieme, lo chiedono gli elettori: nessuno all’opposizione può pensare di farcela da solo” pronunciato dalla segretaria del Pd l’altro ieri è di fatto già preistoria politica giacché il “volemose bene” è naufragato nelle secche di un strappo destinato a inaugurare ufficialmente la diaspora a sinistra.

Saranno i prossimi giorni a delineare i confini della spaccatura. Per i possibili pontieri di una pacificazione (difficile) e di un’intesa (improbabile) il lavoro si preannuncia improbo e difficile. Ma il voto di ieri agita anche i centristi. Renzi (le europee rappresentano a suo dire l’ultima carta politica che si gioca, anche se con il leader di Italia Viva… mai dire mai) e Calenda, con il sì al Mes, mandano a dire ai Popolari europei che sono loro la vera forza moderata da tenere in considerazione in futuro, visto che Forza Italia ha scelto di vestire i panni del dottor Tentenna. Una mossa, quella degli azzurri, forse obbligata per non votare a favore del Mes che, tra l’atro, prevede quel salva-banche tanto caro al vice premier Tajani. Insomma, i suoi alleati europei, visto che l’Italia è l’unico Paese a non avere ratificato il Mes, avranno sicuramente da ridire.
E rimane ancora da capire quale sarà adesso l’atteggiamento del premier nei confronti di Bruxelles.

Da una parte è costretta a garantire – dopo avere conseguito grandi riconoscimenti e apprezzamenti – il proseguo di rapporto all’insegna della massima collaborazione, ma dall’altra sa che Salvini la incalzerà in maniera continua, asfissiante cercando di spostare sempre più a destra l’asse della politica estera.


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