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Lombardia contesa: il silenzio di Fontana fa più rumore delle parole

Nel centrodestra senza avversari, le scintille scoppiano in casa: tra Lega e Fratelli d’Italia è tregua armata, ma il campo di battaglia è già apparecchiato.

di Andrea Fiore -


Successione Fontana in Lombardia, cresce la tensione

Attilio Fontana ha chiuso la bocca, ma non il caso. “Ci rivediamo fra qualche anno”, ha detto, come se il 2028 fosse una data da segnare sull’agenda e non un campo di battaglia politico già in fermento. Il presidente leghista ha deciso di non commentare oltre le ambizioni di Fratelli d’Italia sulla guida della Regione Lombardia. Tradotto: la Lega non ha alcuna intenzione di cedere il volante.

Dietro il suo silenzio, però, si muove una tensione che non ha bisogno di microfoni. La Lega, che da anni governa la Lombardia come fosse il proprio salotto buono, non vuole che qualcuno sposti i mobili. Fontana ha già fatto i nomi dei suoi eredi ideali: Giorgetti, Garavaglia, Romeo. Tutti leghisti, tutti “di casa”.

Fratelli d’Italia, dal canto suo, non si accontenta di fare da tappezzeria. Forte dei numeri nazionali e di una rete sempre più fitta sul territorio, rivendica il diritto di esprimere il prossimo candidato. “Se saremo il primo partito, la guida spetterà a noi”, dice Carlo Fidanza. E non lo dice sottovoce.

Pensieri e parole

Nel frattempo, si ipotizzano scambi di poltrone tra regioni, come se fossero figurine: Veneto alla Lega, Lombardia a FdI. Ma Salvini frena, ricordando che “deciderà chi avrà un voto in più”. Una frase che suona come “deciderò io, quando sarà il momento”.

E mentre i leader si misurano il peso, la vera sfida è tenere insieme la coalizione. Perché, diciamolo, l’opposizione non è esattamente in forma smagliante. Il centrosinistra arranca, il Movimento 5 Stelle è in modalità silenziosa, e il Terzo Polo… beh, è ancora in cerca di un secondo. In questo vuoto, il centrodestra ha il lusso di litigare tra sé e sé, come una band che fa prove senza pubblico ma con grandi ambizioni.

Non solo in regione

La stessa dinamica si ripete nei comuni lombardi, dove Lega e Forza Italia resistono con qualche roccaforte, ma FdI bussa sempre più forte. Il rischio? Che la porta si apra, ma non si richiuda più.

La domanda è semplice: riuscirà il centrodestra a restare unito mentre gioca a Risiko con le regioni, o finirà per inciampare nel proprio ego, proprio quando non c’è nessuno lì fuori pronto a raccogliere il testimone?

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