Editoriale

TANTI AUGURI GUERRA MIA

di Tommaso Cerno -

Tommaso Cerno


Trecento e sessantacinque giorni di guerra. Quando tutto è cominciato sembrava un’eternità. Invece oggi un anno ci sembra il minimo, una guerra che comincia. Ricordo che nei primi giorni dell’invasione di Putin in Ucraina tutti gli esperti ripetevano che sarebbe stata una guerra lampo. Chi diceva che Putin faceva per finta, chi diceva che avrebbe preso Kiev in poche ore. Invece chi conosce la Russia almeno un po’ sa che il tempo dell’Occidente va veloce mentre il loro molto più lentamente. E per noi è difficile capire quelle distanze e quel luogo dell’anima in cui un secolo vale come pochi anni. Noi abbiamo il vizio di pensare di essere gli unici a decidere come il mondo andrà. Ed è forse questo l’errore più pacchiano che abbiamo fatto in questa guerra. Immaginare di dettare non solo le ragioni ideali ma anche i tempi. Immaginare di decidere come loro dovessero combattere. Ebbene ci troviamo di fronte a un fatto molto occidentale. Noi abbiamo bisogno di dire che questa guerra la vinceremo presto. Mentre loro hanno bisogno di dire che non ce la faremo mai. Noi siamo l’Occidente, lo ripeto, abbiamo bisogno di certezze. Loro sono la Russia, hanno bisogno di tempi indefiniti. In questi tempi indefiniti si gioca una partita cruciale. Sta sotto le armi Darò tempo ed Europa che la difesa, giusta mente, non sa più che pesci pigliare per spiegare come questo grande aiuto non sia servito finora molto di più che a proseguire una guerra. Nel tempo in cui facciamo questa riflessione il mondo si divide di nuovo in: la Cina gioca la partita della pace, ma lo fa perché ha intenzione di incidere sul futuro geopolitico del pianeta. Con il rischio che gli interessi degli Stati Uniti, finora allineati ai nostri, comincino a coincidere con una parte del pianeta che ha tutto l’interesse a utilizzare l’Europa come un mercato florido, fino a quando lo puoi sfruttare, ma non come un partner per il progresso. Questo mette l’Unione in uno stato di minorità. Quello che percepiamo dall’inefficacia delle nostre politiche, aver fatto che le nostre istituzioni nate per dominare il panorama democratico sono oggi vittima di decisione che di democratico non hanno nulla, se non l’ideale.
E così ci troviamo a festeggiare, anzi a piangere, il primo compleanno di una guerra. Qualcosa che ci ricorda ormai un secolo che pensavamo passato. Ma che non siamo in grado di dominare. Nessuno oggi è capace di prevedere che cosa davvero succederà in Ucraina. E nessuno è capace di organizzare un tavolo di pace. Anche le parole del Papa restano parole vuote. E in Italia la destra di governo, la sinistra di opposizione, dicono le stesse cose. Cose che non convincono però davvero la pancia dei popoli europei. Siamo finiti in un rebus. Un rebus che può avere un unico finale. La vittoria di qualcuno. Noi siamo convinti che sia la nostra. Ma perché questo si realizzi il nostro intervento dovrà aumentare. Le democrazie però hanno bisogno di consenso e finora i dati ci dicono che non abbiamo convinto davvero l’Europa.

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