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TROPPE EUROPE POCHI SOLDI

di Giovanni Vasso -


Domani è il giorno dei giorni per l’Europa. Anzi, per le Europe. Il consiglio che inizierà giovedì dovrà disegnare le strategie comunitarie sui temi dell’immigrazione ma, soprattutto, sugli assetti economici che l’Unione vorrà darsi in vista della sfida, obbligata, da ingaggiare per affrontare l’Ira degli Stati Uniti. Il pericolo, che rischia di diventare concreto, è quello di una frammentazione del mercato unico se la normativa sugli aiuti di Stato sarà allentata, in quanto la scelta finirebbe per avvantaggiare i Paesi che hanno spazi di manovra fiscali maggiori. Leggi Germania.
Sul tema dell’immigrazione, nel pomeriggio di ieri, è arrivata la proposta di Austria, Danimarca, Estonia, Grecia, Lettonia, Lituania, Malta e Slovacchia, per irrigidire l’attuale “sistema di asilo” che “sta fallendo”. E pertanto, hanno scritto i rappresentanti dei Paesi firmatari della lettera, “è giunto il momento di mettere in campo una risposta innovativa”. Che dovrà rispondere alle esigenze di “aumentare il numero di rimpatri rapidi” e di “sviluppare nuove partnership”, coi Paesi di origine e di transito dei migranti, finalizzate a “rafforzare la comunicazione”. Volta, adesso, non più a incoraggiare gli approdi negli Stati dell’Unione ma a scoraggiare i migranti dal mettersi in viaggio. Insomma, sul tavolo di Ursula von der Leyen c’è la proposta di rendere più difficile raggiungere l’Europa. E, del resto, sul tema dell’immigrazione anche l’Olanda si è dichiarata disponibile al confronto e alla sinergia con l’Italia, che – seppur non ha sottoscritto la lettera – vorrebbe che l’Ue si assumesse la responsabilità di avviare misure più contenitive per contrastare il fenomeno.
Ma la partita vera è altrove. Come (quasi) sempre accade quando ci si riunisce a Bruxelles. Il tema è quello degli aiuti di Stato, della necessità di un fondo sovrano per finanziare l’ammodernamento dell’industria europea in chiave green. Due proposte che, politicamente, sono in antitesi. Perché la Germania, che vuole con forza la prima, rigetta (insieme agli “alleati frugali”, Olanda compresa) la seconda. Domani si vedranno i frutti del tour europeo della premier Meloni, mandata in avanscoperta a Berlino da von der Leyen. E tornatasene con le pive nel sacco dall’incontro col cancelliere Olaf Scholz. Il ministro all’Economia Giancarlo Giorgetti è pessimista. Soprattutto perché in Italia “c’è chi fa il tifo contro di noi”. Intervenuto a un evento di Coldiretti a Brescia, Giorgetti ha tuonato: “Si comincerà a battagliare, sostanzialmente in Europa ci si è resi conto che dopo la concorrenza cinese e di paesi a basso costo di manodopera anche gli americani hanno cominciato a difendere l’interesse proprio: hanno fatto una bella legge, inflaction reduction act, contro l’inflazione. In realtà sotto quel titolo, c’è un atto di puro protezionismo, cioè loro danno un sacco di soldi pubblici alle imprese che si impegnano a produrre soltanto con le componenti fatte dagli Stati uniti, a proposito di sovranisti”. Dunque ha aggiunto: “E adesso in Europa si sono accorti che abbiamo anche la concorrenza anche dei nostri alleati americani. Cosa facciamo, come rispondiamo? E naturalmente qua è iniziato una specie di circo”. Siluri a Parigi e Berlino: “Poi vedrete che domani il ministro francese e quello tedesco vanno a trattare con gli americani, perché chiedono la possibilità di poter derogare dalle regole dell’Europa e quindi di dare degli aiuti di Stato alle imprese, come e quando vogliono loro”.
Giorgetti ha spiegato la posizione italiana sul tema degli aiuti di Stato: “Noi teoricamente siamo favorevoli che lo Stato aiuti le imprese in una fase di grande trasformazione. Ma c’è dietro il trabocchetto. Loro chiedono di fare questo ma vogliono tenere ferme tutte le regole di bilancio, il famoso patto di stabilità. Quindi il risultato qual è ? Che, siccome loro hanno spazio di bilancio, spazi fiscali, possono usare gli spazi di bilancio per aiutare le imprese, noi avremmo teoricamente il diritto di aiutarle, ma non lo possiamo fare perché abbiamo quelle regole che ci chiudono nei famosi parametri che una volta si chiamavano di Maastricht”. Infine, il ministro ha tirato le orecchie a quegli italiani “che tifano contro, perché, pur di farla sostanzialmente alla Meloni e al governo di centrodestra, pensano sia meglio tifare per i francesi e i tedeschi. Ecco, è l’ennesima testimonianza di un atteggiamento sbagliato”.

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