Politica

“Un errore accostare il Pd a un criminale del 41bis. Ovvio che esploda il caos”

di Edoardo Sirignano -

GIORGIO MULE' POLITICO


“Non mi sorprende la reazione del Pd. Si sono sentiti due dita negli occhi”. A dirlo il vicepresidente della Camera Giorgio Mulé.

Come mai le dichiarazioni di Donzelli hanno fatto tanto scalpore?

Quando porti una vicenda del genere nel tempio della democrazia, è ovvio che l’effetto mediatico sia quello di una tromba che suona in una piazza. Era scontato che il caso finisse su tutte le prime pagine dei giornali, per la veemenza con il quale è stato portato, per i toni, per la reazione che ha avuto il Partito Democratico. Non mi sorprende nulla di tutto ciò.

La reazione del Nazareno è stata troppo dura?

Quelli del Pd si sono sentiti due dita negli occhi. Avere messo in relazione le attività di Cospito in carcere, cioè gli incontri che ha avuto con mafiosi, ‘ndrangheta, casalesi e deputati del Pd, non è piaciuto a questi ultimi. Quando Donzelli, poi, ha detto che i dem andavano a incoraggiarlo nella battaglia, li ha fatti uscire fuori dai gangheri, soprattutto quando è stato posto l’interrogativo: la sinistra sta con lo Stato o con i terroristi? È normale che politicamente ci sia una reazione del genere.

Prima di fare il politico Mulé è stato direttore di un’importante testata nazionale. Spesso i quotidiani sono pieni di documenti segreti. Perché oggi tanto rumore?

La mia vita professionale ha fatto della violazione del segreto una cosa normale. Un giornalista è bravo se riesce ad avere delle carte segrete. Per un parlamentare, invece, è diverso. Bisogna, però, vedere se i documenti in discussione sono davvero riservati. Se non lo erano potevano essere nella disponibilità di Donzelli. Se è così la correttezza della procedura è salva. Si può discutere, invece, sull’utilizzo politico che viene fatto di risultanze giudiziarie. È un altro paio di maniche.

Ci spieghi meglio…

Se i documenti sono accessibili, li possono prendere tutti. Se non lo sono, basta pensare alla nitroglicerina. È un materiale da usare con cura. Se lo maneggi, in maniera troppo violenta, scateni delle reazioni che sono più o meno incontrollabili.

Gli anarchici rappresentano davvero un pericolo?

Lo sono per la società civile, per l’ordine pubblico. Non parliamo di brigate che fanno apostolato della preghiera, piuttosto di persone che hanno un’ideologia che sfonda sulla violenza, sulla contrapposizione frontale con lo Stato o che non riconosce addirittura il primato della legge. È ovvio, pertanto, che sono un pericolo.

Questo genere di forze trovano un ambiente favorevole in un contesto in cui il costo della vita aumenta e in cui i ceti medi continuano a impoverirsi?

Sono mondi diversi, culturalmente agli antipodi. Quello che fu il ceto borghese è un segmento di popolazione che ha strutture, capacità e anticorpi per non accedere, in alcun modo, a tali tipologie di iniziative. Stiamo parlando di una protesta violenta, fuori dalle leggi, dal perimetro della convivenza civile. Se vai in giro a dare fuoco alle macchine e ferire gli agenti, ti stai semplicemente rendendo colpevole di reati criminali.

La politica, quindi, non dovrebbe avere alcun tipo di confronto con questi mondi, andare nelle carceri come d’altronde è avvenuto?

Un conto è l’assistenza umanitaria. È giusto che ci sia, è nelle prerogative dei parlamentari, riguarda chiunque. Altro è l’adesione a delle idee eversive. Nessuno in questo Parlamento ritengo sia contiguo al mondo degli anarchici. Lo escludo alla radice.

A proposito del 41 bis, ritiene giusto cambiarlo?

Così va bene. Ha dimostrato di essere un grande deterrente nei confronti della mafia, uno strumento incisivo che riesce a tagliare i ponti tra il carcere e il mondo esterno. I malviventi lo giudicano una iattura e ciò vuol dire che siamo nel giusto.

Bisogna applicarlo anche per quei reati che non riguardano la malavita organizzata?

Si tratta sempre di reati gravissimi, di terrorismo, legati all’eversione. Ci sono alcuni terroristi delle nuove Brigate Rosse che sono al 41 bis proprio per evitare che continuino a dialogare con l’esterno. Si può discutere, invece, se soggetti dell’area eversiva, che non hanno alcun legame con la mafia, siano nello stesso ambiente di chi invece è stato condannato per associazione a delinquere. È sbagliato, però, mettere in discussione la bontà dello strumento.

Il caso Matteo Messina Denaro ha aperto il dibattito sulle intercettazioni. Più di qualcuno sostiene che sia giusto utilizzarle per combattere la criminalità, ma allo stesso tempo sia sbagliato farne un uso eccessivo, distruggendo per sempre la vita di tante persone…

Il punto è trovare l’equilibrio tra le esigenze di tipo penale e il diritto alla privacy. Nessuno mette in dubbio l’utilizzo delle intercettazioni per reati collegati alla mafia. Al contrario, bisogna riflettere se abusare di questo strumento in reati dove c’è soltanto un sospetto. Così si rischia di vedere pubblicate delle conversazioni private che nulla hanno a che vedere con il profilo penale. Su ciò bisogna riflettere. Altrimenti non si arriverà mai a una riforma vera e compiuta, non come quella che c’è adesso.


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