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Un milione di munizioni per l’Ucraina I fondi? Prendiamoli dal Pnrr

di Eleonora Ciaffoloni -


Se di pace tra Ucraina e Russia non se ne parla, di guerra se ne fa sempre di più. E l’Europa, come in una vera fase di emergenza, ha deciso di produrre un milione di munizioni in un anno per sostenere sul lungo termine la resistenza dell’Ucraina. Il piano si chiama Act in Support of Ammunition Production, cioè Atto per il sostegno della produzione di munizioni. ASAP, che in inglese è anche l’acronimo di “as soon as possible”, il più veloce possibile. Non a caso, il modo più sottile, ma altresì evidente, per dire che gli aiuti militari all’Ucraina sono urgenti.

LE MUNIZIONI SONO I NUOVI VACCINI

L’Ucraina è in difficoltà e l’Ue ha deciso rinforzare gli aiuti. Ad annunciarlo è stato il commissario per il Mercato interno Thierry Breton. La guerra ha detto: “ha messo sotto pressione le nostre capacità di produzione industriale. Per mantenere lo sforzo in cui siamo impegnati dobbiamo produrre più armi”. Ma le armi mancano: e come in una sorta di déjà-vu ai tempi delle richieste di produzione in massa di vaccini anti-Covid, Breton sta puntando tutto sulle industrie europee della difesa chiedendo uno sforzo maggiore di fabbricazione. L’ASAP – che fa parte del piano che si basa su tre pilastri messo a punto dall’Alto rappresentante Joseph Borrell e approvato al Consiglio europeo del marzo scorso – prevede, difatti, 500 milioni di euro dal bilancio Ue per finanziare la produzione di un milione di nuove munizioni entro 12 mesi. Uno sforzo necessario per un aumento della spesa per la difesa, in un periodo emergenziale, per “affrontare una nuova situazione geopolitica”. Ma come per la pandemia, ma anche per la crisi fiscale, l’Ue da sola non può farcela. E così l’Asap consentirà ai Paesi membri di reindirizzare sia i fondi di coesione che quelli del Pnrr l’industria della difesa. Perché, insiste Breton, tra le priorità Ue figurano proprio la sicurezza e la difesa. Per questo il commissario francese, ha esortato gli Stati membri a portare le spese militari almeno al 2% del Pil, che è l’obiettivo minimo fissato dalla Nato nel 2014. Il messaggio è semplice: la produzione di base va bene in periodo di pace, ma ora siamo in guerra.

 

UE COME ROBIN HOOD

 

“Investire nella nostra difesa – ha detto Breton – ci permetterà di difendere la nostra democrazia”. Ma a che prezzo? Non a quello che l’Europa può permettersi. E quindi, “I Paesi che lo vorranno potranno utilizzare i fondi del Pnrr per aumentare la produzione delle munizioni” ha fatto sapere il commissario. Significa togliere i fondi a una vecchia emergenza per reindirizzarli a una nuova. Ma non tutti possono prendere il posto di Robin Hood che toglieva ai ricchi per dare ai poveri. E non sembra proprio il caso dell’Italia (di sicuro non ricca), che si troverebbe a un bivio: perché gli aiuti all’Ucraina si intrecciano tra sanzioni e rispetto del patto di stabilità.
Lo aveva già detto il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti: “non si può mettere un Paese di fronte alla prospettiva di scegliere se aiutare Kiev o rompere le regole del patto di stabilità. Mi sembra una cosa assurda”. A ribadirlo, ieri, anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che, proprio sul Patto di stabilità – che come proposto dalla Commissione Ue rappresenta “un passo in avanti” – chiede di escludere dal conto, tra le altre spese (transizione ecologica, Pnrr) anche quelle “fatte per sostenere l’Ucraina” perché sono “scelte dettate da politiche generali che vanno al di là della posizione di un singolo paese”. E tiene a sottolineare: “discutere anche dei contenuti delle scelte europee non significa essere antieuropei ma l’esatto contrario: più si discute e più si è europeisti, perché si vuole partecipare ad un progetto comune”. Eppure, le parole di Breton hanno fatto discutere: perché i fondi per la ripresa post crisi pandemica, dovrebbero servire proprio a questo, alla rinascita di un Paese in fase di crescita. E la polemica incalza: a farlo per primo il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte: “Non permetteremo che i 209 miliardi del Pnrr possano essere usati per armi e munizioni. Quei fondi servono a far rialzare l’Italia non a fare la guerra”. Ma la guerra ha preso il posto della pandemia: e se l’Europa dà, spesso l’Europa toglie.


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