Lavoro

Una strategia per il Mediterraneo: occupabilità per giovani e donne

di Redazione -


di Giuseppe Provenzano* 

 

La regione mediterranea è stata un crocevia tra civiltà per millenni, facilitando la diffusione di culture, commerci, religioni, nonché di conflitti e imperi. Diverse civiltà in tre continenti si sono incontrate e si sono mescolate in questo bacino semichiuso, abituandosi l’una all’altra e legandosi insieme in più ampie catene globali del valore. Il Mediterraneo è stato storicamente “la porta dell’Asia” per commercianti europei e musulmani che hanno attraversato il nostro piccolo mare per visitare le città portuali del Mediterraneo orientale, come ultima tappa della “Via della Seta” e, ancora oggi, il Canale di Suez mostra le sue potenzialità nel collegare l’Asia con altri due continenti. Quando si guarda ai tanti settori in cui la cooperazione internazionale ha un chiaro valore aggiunto, il Mediterraneo ha un ruolo enorme sotto molti aspetti, comprese le considerazioni economiche, ambientali e sociali, rispetto alla sua dimensione geografica relativamente piccola. Solo per citare alcuni esempi, il Mediterraneo è ancora oggi un prezioso snodo commerciale, soprattutto per le rotte marittime, come lo è stato per secoli; è un punto caldo della biodiversità per la vita marina; è una delle regioni più colpite dal cambiamento climatico.

 

Ventisei anni fa, nel 1995, l’iniziativa del Processo di Barcellona ha lanciato una nuova era di cooperazione tra gli Stati nel bacino del Mediterraneo, unendo nello stesso forum le sponde Nord e Sud nel tentativo di realizzare quelli che sono stati chiamati i tre panieri (basket): politica e sicurezza, economia e finanza, promozione sociale, culturale e umana. Questo approccio regionale è stato proseguito quando la Ue ha presentato, nel 2004, la sua politica di vicinato, che ha attribuito un’enfasi particolare al cosiddetto “vicinato meridionale”. Infine, nel 2008, è stata istituita l’Unione per il Mediterraneo (UpM) come forum intergovernativo per promuovere un’agenda positiva tra le due sponde. L’UpM mira alla cooperazione in quella che viene chiamata la regione euro-mediterranea, e comprende 42 paesi dell’Unione europea e del Mediterraneo meridionale e orientale, i quali si sono uniti per la consapevolezza che la portata delle sfide contemporanee richiede soluzioni comuni. Nel corso degli anni, questa situazione ha portato allo sviluppo di una metodologia unica di lavoro basata su tre pilastri complementari: dichiarazioni politiche, piattaforme di iniziative multistakeholder e progetti etichettati. Agendo da catalizzatore, l’UpM ha promosso dal 2012 l’etichettatura di oltre 50 progetti, oltre 300 forum ministeriali e di esperti che hanno riunito 25.000 partecipanti. Concentrandosi sugli aspetti concreti della cooperazione, l’UpM ha identificato delle aree prioritarie, basate sullo sviluppo umano e sostenibile, ed ha individuato i suoi principali beneficiari nei giovani e nelle donne. La sua direzione politica è data da una RoadMap approvata dall’UpM nel 2017. Numerosi sono gli incontri ministeriali organizzati nell’ultimo decennio tra i quali si segnala il Forum regionale dell’UpM, dello scorso novembre 2020, durante il quale i Ministri degli Affari Esteri hanno celebrato il 25° Anniversario del Processo di Barcellona. Per evidenziare le sfide e le opportunità della regione prendiamo ad esempio la situazione di un settore, quello dell’istruzione superiore e della ricerca nel Mediterraneo.

In primo luogo, la presenza nell’area di una popolazione giovane e altamente istruita – la più istruita nella storia del Mediterraneo – offre, già di per sé, un forte motivo per cercare di utilizzare al massimo questo grande potenziale. Inoltre, occorre considerare che la regione euromediterranea vanta più di 33 milioni di studenti. La necessità di una ripresa rapida e forte dopo lo sconvolgimento creato dalla pandemia da Covid-19 richiede di investire il più possibile negli effetti moltiplicatori portati dall’istruzione e dall’innovazione. Nonostante questo grande potenziale, la regione mediterranea – che ha diffusi problemi di disoccupazione e specifiche caratteristiche demografiche – registra una situazione particolarmente allarmante quando si fa riferimento proprio alla disoccupazione giovanile. Nel Mediterraneo meridionale e orientale, dove il 40% della popolazione ha meno di 25 anni, la disoccupazione giovanile è tra le più alte al mondo da oltre due decenni nonostante gli alti livelli di istruzione dei giovani. Molte sono le cause, interconnesse tra loro, di tale situazione. Ma una di queste, come sostiene il 32% delle imprese, è sicuramente la mancata corrispondenza tra competenze ed esigenze produttive. In altre parole, nella regione mediterranea, nonostante le differenze sostanziali nelle condizioni politiche, sociali ed economiche, la disoccupazione e la sottoccupazione dei laureati è stata, ed è, una grande sfida comune per tutti. Alcuni aspetti di questo grave problema riguardano, ad esempio il fatto che, a differenza di altre regioni, il livello di disoccupazione è più elevato tra i giovani con istruzione terziaria e raggiunge una media del 30% in tutta la regione. Un altro spetto particolarmente importante, e che non può essere ignorato, riguarda la forte dimensione di genere della disoccupazione in molti settori, in tutti i paesi dell’area euro-mediterranea. Sebbene le giovani donne abbiano compiuto notevoli progressi nel livello di istruzione, in alcune realtà il loro tasso di disoccupazione è quasi il doppio di quello dei giovani. Nel complesso, la questione della disoccupazione e della sottoccupazione giovanile nella regione ha tutte le caratteristiche di un cosiddetto “problema malvagio”: è socialmente complessa, soffre di molte interdipendenze e molteplici cause, non ha un’unica soluzione ed è percepita in modo diverso da diversi stakeholder. Il problema è ulteriormente aggravato da una barriera globale strutturale allo sviluppo della carriera e all’occupazione: la distanza che esiste tra il mondo accademico e il mondo delle imprese. Gli approcci collaborativi offrono spesso un grande aiuto contro tali sfide, ed è qui che eccelle l’Unione per il Mediterraneo. In particolare, è necessario coinvolgere tutte le parti interessate per rafforzare una visione e una narrativa comuni e co-creare strategie volte a raggiungere un grado più elevato di innovazione nella regione e, quindi, di occupabilità. Un approccio abbastanza ovvio, ma difficile da praticare, è quello di aumentare le interconnessioni tra il mondo accademico, le imprese e i responsabili politici, senza dimenticare il ruolo della società civile. Facilitare lo sviluppo di tale “tessuto connettivo” tra questi attori può sicuramente aiutare ad affrontare quella che spesso è una carenza di adeguata comunicazione tra mondi che dovrebbero agire in modo interdipendente. È un lungo cammino da compiere per evitare che giovani laureati e qualificati vadano incontro a sottoccupazione e disoccupazione, o siano indotti a trasferirsi in paesi che offrono maggiori opportunità di impiego, alimentando la “fuga dei cervelli”. Gli sforzi per affrontare questa sfida, che richiedono un impegno di lungo periodo si inseriscono, tra l’altro, nella più ampia strategia concordata dai Ministri degli Esteri dell’UpM per incoraggiare l’attuazione di modelli di crescita sostenibile e di trasformazione digitale (5° Forum regionale dell’Unione per il Mediterraneo). Il dialogo inclusivo è anche un modo importante per stabilire priorità comuni ampiamente condivise, al fine di essere più efficaci nel modo di affrontarle insieme. Un esempio concreto di tali sforzi nella definizione dell’agenda in questo ambito si trova nella quarta Conferenza ministeriale dell’UpM sull’occupazione e il lavoro, tenutasi in Portogallo nel 2019, che ha affrontato, tra l’altro, il problema dell’occupazione dei laureati del Mediterraneo. Durante questo incontro, i rappresentanti dei ministeri del lavoro, delle camere di commercio, delle associazioni dei datori di lavoro, ma anche delle reti universitarie, delle start-up, del mondo accademico, hanno discusso insieme sui modi concreti per migliorare l’istruzione e le carriere. Dal confronto è emerso un insieme molto chiaro di priorità per il futuro, tra cui:

– sostenere la creazione di posti di lavoro dignitosi e l’imprenditorialità;

– mobilitare le parti interessate, pubbliche e private, per creare partenariati e sinergie;

– organizzare mercati del lavoro inclusivi per integrare gruppi potenzialmente vulnerabili e svantaggiati;

– investire in sistemi di istruzione e formazione di qualità, competenze e occupabilità in un mondo che cambia;

– aumentare la diffusione della conoscenza sugli strumenti delle politiche esistenti a livello regionale che possono essere implementati dalle università e dai centri di ricerca, al fine di aumentare l’occupabilità dei loro studenti e ricercatori, promuovendo, nel contempo, l’innovazione nelle regioni;

– incoraggiare i responsabili politici a investire nella raccolta sistematica di dati sui diplomati dell’istruzione superiore e sulla loro occupabilità.

Riguardo all’approccio da seguire per attuare queste raccomandazioni nei settori specifici della ricerca, innovazione e occupabilità, si sta attualmente operando lungo due assi principali. Il primo asse è il dialogo per la cooperazione regionale in materia di ricerca e innovazione, il quale ha l’obiettivo di identificare gli ambiti di intervento (che offrono la migliore potenzialità per la creazione di posti di lavoro innovativi) e di promuovere l’imprenditorialità. Nella regione euromediterranea, l’UpM sta facilitando l’organizzazione di piattaforme multistakeholder e multilivello, allo scopo di definire agende di lavoro adatte ad intervenire sulle trasformazioni della società, nel quadro degli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) delle Nazioni Unite. I Ministri della ricerca hanno già approvato nel 2017, a La Valletta (Malta), una dichiarazione su tre temi di ricerca: agricoltura sostenibile, economia blu e cause della migrazione. Da questo impegno politico è derivato il sostegno a due importanti iniziative di ricerca e innovazione: l’iniziativa Partnership for Research and Innovation in the Mediterranean Area (PRIMA), che riguarda lo sviluppo di progetti di ricerca e innovazione in agricoltura, gestione delle risorse idriche e problemi di natura trasversale (come il cambiamento climatico), e BLUEMED, che ha definito un’agenda strategica su iniziative comuni di ricerca e innovazione nell’economia blu del Mediterraneo. Infine, nell’ambito della piattaforma regionale di ricerca e innovazione dell’UpM, che unisce i Ministri della ricerca di 42 Stati, si sta esplorando la possibilità di ulteriori, nuove iniziative di ricerca su temi di interesse comune che includono aspetti specifici come la lotta ai cambiamenti climatici (il Mediterraneo è uno dei principali punti caldi del cambiamento climatico nel mondo), le energie rinnovabili e la salute. Gli sforzi da compiere in questa direzione dovrebbero essere orientati dai princìpi della sostenibilità dello sviluppo e sostenuti da un generale ripensamento delle attuali pratiche economiche. Riguardo al secondo asse sul lavoro, l’UpM sta raccogliendo elementi conoscitivi ed evidenziando il valore di tante iniziative e migliori pratiche nelle quali sono coinvolti il mondo accademico, le autorità governative, il mondo imprenditoriale. Tali iniziative, per quanto valide e diffuse nell’area Mediterranea, non hanno finora avuto un impatto decisivo in termini di creazione di posti di lavoro, nuove imprese start-up, occupabilità. È da verificare anche la loro coerenza con le indicazioni dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile. Questo è il motivo per cui l’UpM ha deciso di rinnovare l’invito ad un’azione comune ai responsabili governativi delle politiche, all’industria, al mondo accademico e alle organizzazioni della società civile e di promuovere una iniziativa di supporto presentando modi in cui la Tripla Elica possa essere rafforzata.

Lo scopo di questa iniziativa non è “reinventare la ruota”, ma piuttosto mostrare come le migliori pratiche, i progetti e le istituzioni esistenti stiano aumentando la connettività tra il mondo accademico, l’industria e il governo, promuovendo l’innovazione e l’occupabilità. L’obiettivo principale resta quello di mettere gli studenti e i ricercatori nelle condizioni di acquisire competenze rilevanti per mercati del lavoro in rapida evoluzione e di essere preparati per le loro future carriere.

 *Consigliere per la Ricercae Innovazione 

Segretariato UpM – Barcellona

 


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