Economia

Vade retro, sugar tax: spunta il rinvio al 2025

di Giovanni Vasso -

Il ministro Giancarlo Giorgetti nel corso del question time alla Camera dei Deputati a Roma 8 maggio 2024. ANSA/MAURIZIO BRAMBATTI


Vade retro, sugar tax, almeno per un (altro) po’: spunta l’ipotesi del rinvio per l’applicazione della tassa sullo zucchero mentre, in maggioranza, il braccio di ferro sul Superbonus va avanti. E su questo, però, il ministro Giancarlo Giorgetti non è disposto neanche a parlare di transizioni o di passi indietro. Ma una cosa alla volta. Prima c’è il caso della tassa etica per eccellenza che, introdotta all’epoca del governo Conte II, quello, per capirci, dell’intesa Pd-M5s, nel 2019 è stata, di anno in anno, rinviata fino ad ora. La sola ipotesi dell’arrivo del balzello ha scatenato un vespaio di polemiche infinite. Che ha unito tanto le aziende quanto i sindacati nell’opposizione al progetto. Del resto, questo pare il classico caso del passato che, prima o poi, torna a chiedere conto. Fregandosene del fatto che, nel frattempo, il mondo (e non soltanto l’Italia) è stato scosso da una pandemia e (per ora) due guerre di portata europea.
L’ipotesi che il governo stesse studiando un altro rinvio per la sugar tax è iniziata a circolare già nella serata di lunedì. I boatos sono diventati indiscrezioni nella mattinata di ieri fino a trasformarsi, nel primo pomeriggio, in lanci d’agenzia. Sì, la sugar tax sarà posticipata. Di sei mesi, suppergiù. Entrerà in vigore non prima del 1 gennaio del 2025. Un altro po’ di tempo per i produttori, per il settore più in generale e, soprattutto, per i consumatori. A darne notizia, dopo gli spifferi giunti dalle solite “fonti qualificate” di Palazzo Chigi, è stato proprio il ministro Giancarlo Giorgetti. Che, intervistato a Il Giorno della Verità, ha dichiarato: “Non sono contento che se entra in vigore: ricordo che l’ultima legge di bilancio aveva fatto uno sforzo per rinviare l’entrata in vigore al primo luglio prossimo”. Poi il titolare del Mef ha tirato in ballo l’emendamento del governo che ha riportato d’attualità il tema: “Noi abbiamo fatto con quell’emendamento un ulteriore sforzo e dimezzato l’importo previsto”. Già, perché il progetto originale prevedeva l’applicazione di un balzello da dieci euro a ettolitro o 26 centesimi a chilo di prodotto non diluito che è stato portato dall’esecutivo a cinque euro e 0,13 centesimi. Ma Giorgetti punta a farla slittare ancora per un po’: “Ora stiamo facendo uno sforzo ulteriore per trovare una copertura finanziaria per rinviarne l’entrata in vigore al primo gennaio 2025 e credo che alla fine ci arriveremo”.
Le dichiarazioni del ministro hanno, naturalmente, scatenato il valzer di dichiarazioni politiche. Incrociate, va da sé. Soprattutto in maggioranza. E dentro allo stesso governo. Già, perché la sugar tax è solo uno (e forse nemmeno il più importante) dei nodi di politica economica da sciogliere nell’esecutivo. Resta in piedi, nelle parole del vicepremier nonché segretario di Forza Italia Antonio Tajani, il dibattito sul Superbonus. Tajani ha incassato, con un sorriso, il passo indietro rispetto alla sugar tax ma ha ribadito che non è d’accordo con le scelte sui crediti derivanti dal bonus. “Non mi piace la Sugar Tax e non mi piace che si affronti la questione superbonus con regole retroattive. Giusto difendere i conti pubblici e chiudere una stagione gestita malissimo – ha affermato alla platea di Confcommercio – , ma tu non puoi dare regole retroattive perché così finisce la fiducia dei consumatori e degli investitori nei confronti delle istituzioni”.
La Lega, con il capogruppo alla Camera Massimiliano Romeo, ha chiesto invece di tagliare le missioni all’estero per recuperare i fondi da utilizzare a copertura del rinvio del balzello sulle bevande zuccherate: “Sulla sugar tax (ricordiamo introdotta, come la plastic tax, dal governo giallorosso) siamo assolutamente d’accordo sul rinvio tanto è vero che come Lega abbiamo depositato un emendamento che trova le coperture riducendo i fondi per le missioni internazionali; perché pensiamo che in un momento di difficoltà come questo dobbiamo guardare un po’ più a casa nostra e un po’ meno all’estero”. Una posizione che riporta d’attualità un altro tema, decisivo, di politica economica che, prima o poi, andrà affrontato ossia le spese militari. Che, per inciso, devono aumentare come richiede la Nato e, soprattutto, il clima di tensione geopolitica in cui siamo immersi, con l’avallo decisivo della rigorosa Europa che ha deciso di escludere questi capitoli di spesa dal “conto” del Patto di Stabilità.


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