Vannacci divide la Lega ma Zaia gli replica secco. Meloni infiamma Bari, Fico in barca
Due settimane al voto e il clima politico si infiamma. Il campo largo assapora il 2-1 nei sondaggi, ma il centrodestra crede nel miracolo di San Gennaro. Veneto, Puglia e Campania sono termometri diversi di una stessa tensione nazionale. Ogni uscita, ogni parola, ogni post pesa quasi più del programma. L’ultima miccia l’ha accesa Roberto Vannacci. Il generale non vuole davvero riscrivere la storia, ma gli piace punzecchiare. Stavolta lo ha fatto riaprendo il capitolo del fascismo, definendo la marcia su Roma “poco più di una manifestazione di piazza” e le leggi razziali “un errore, ma non la sintesi del regime”. Una formula che ha indignato la comunità ebraica e dato alla sinistra un assist perfetto. Da Pd e M5S giù un coro di condanne, come se l’occasione fosse troppo ghiotta per non colpire. Ma dentro la Lega il disagio è palpabile. Molti, soprattutto nel Nord, non ne possono più delle “incursioni” del generale.
Il Veneto
In Veneto, dove il partito di Zaia ha una doppia missione, battere il centrosinistra con Alberto Stefani e rimontare Fratelli d’Italia dopo la debacle alle Europee (37 a 13), le uscite del vicesegretario sono avvertite più dannose che utili. “Qui la gente vuole amministratori, non tribuni”, commenta il padovano Roberto Marcato. Il messaggio è chiaro: le provocazioni ideologiche servono a poco in una terra dove si vota per chi risolve problemi, non per chi accende dibattiti. Zaia è intervenuto con fermezza: “Le leggi razziali sono state una pagina schifosa, una ferita dell’umanità. Non c’è alcun revisionismo da fare”. Salvini, da Bari, ha cercato di sdrammatizzare: “Il fascismo lo lascio agli storici, io penso al futuro”. Vannacci, con la sua libertà da battitore, parla alla pancia profonda del Paese, ma confonde la testa del partito.
La Puglia
In Puglia, intanto, il centrodestra ha mostrato una facciata di unità. Meloni, Tajani e Salvini sullo stesso palco a Bari per sostenere Luigi Lobuono, candidato presidente, hanno riempito il TeatroTeam tra cori e applausi. “Vi amo”, ha detto la premier, in un bagno di folla che sa di campagna nazionale. Tajani ha colpito Emiliano e Decaro: “Sono la stessa cosa”. Salvini ha spostato l’asse sui temi identitari, Lupi ha invocato “un cambiamento di popolo”. La partita per Lobuono resta durissima.
La Campania
Invece in Campania la tensione si misura in scandali minori ma velenosi. Roberto Fico, candidato del centrosinistra, è finito nel mirino per un presunto ormeggio abusivo della sua barca nel porto militare di Nisida. FdI cavalca la vicenda con sarcasmo e un’interrogazione al ministro Crosetto. Sullo sfondo, Edmondo Cirielli prova a recuperare terreno, contando sull’arrivo di Meloni venerdì per riaccendere la corsa .
Tre sfide
Tre regioni, tre sfide diverse, un unico filo conduttore: l’instabilità comunicativa. Ogni parola diventa un’arma, ogni battuta un boomerang. In Veneto la Lega vuole confermare la forza del modello Zaia. Ma per farlo dovrà tenere a bada anche i fuochi d’artificio di Vannacci. In Puglia, Meloni cerca il colpo d’immagine. In Campania, la partita di Cirielli passa dalla capacità di trasformare l’attacco in consenso. È una campagna fatta di parole più che di programmi. E, come spesso accade in Italia, saranno proprio le parole, oltre ai numeri, a decidere chi avrà vinto davvero.
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