Editoriale

Vannacci, la Lega e la democrazia

di Adolfo Spezzaferro -


Si fa un gran parlare del fatto che in tanti nella Lega non avrebbero digerito la candidatura del generale Roberto Vannacci alle Europee. Nessuno però fa presente che se da un lato la scelta del segretario del Carroccio Matteo Salvini di giocarsi la carta iperpop(ulista) del paracadutista autore de Il mondo al contrario può generare mal di pancia a via Bellerio, dall’altro, alla leader del Pd Elly Schlein è stato impedito di candidare Ilaria Salis proprio dai maggiorenti dem. Dov’è dunque la democrazia?

Voi direte, nel Partito democratico, visto che la leader si è adeguata alla maggioranza che non voleva la maestrina antifa attualmente residente nelle carceri ungheresi al posto di qualche altra candidata dem in lista. E non nella Lega, dove il capo decide e tutti gli altri zitti. Invece ci sentiamo di dire che c’è più democrazia nel fare posto a Vannacci, anche a costo di sentirsi i veneti sbraitare, che nel non farlo.

“Vannacci in lista? Nessuna battaglia. Il generale, come ama farsi chiamare, non è capolista ma sono scelte che ha fatto il partito”, dice il governatore del Veneto Luca Zaia. “Non condivido – ha chiarito il leghista – la proposta delle classi separate e la concezione di Mussolini come statista”, sottolineando con forza come il generale sia candidato un indipendente e non della Lega: “Se lo voterò? Mi sentirei un traditore a non votare un veneto”. E ci sta. “Quella per le elezioni europee della Lega nel Nord est è una buona lista. Sarà una bella competizione – è la riflessione di Zaia – motivata per identità e autonomia, che sono temi del territorio”.

Autonomia, la parola chiave, il mantra della Lega. Identità (qua giochiamo in casa), che se è forte, se è reale, radicata, non teme un candidato indipendente con idee discusse e spesso discutibili. Intanto a Vannacci ieri hanno cercato di impedire di presentare il suo nuovo libro (in verità meno vincente del predecessore, manifesto programmatico). Le forze dell’ordine sono state costrette a blindare il lungomare di Napoli per colpa dei soliti noti, quelli dei centri sociali, l’estrema sinistra – elettori che semmai dovessero andare a votare sceglieranno la Salis (Avs) e non la Schlein, anche per le ragioni di cui sopra. Immancabile lo striscione: “Vannacci, Napoli non ti vuole, fattene una ragione”.

Eccola, la democrazia a sinistra. D’altronde la Salis è la bandiera (elettorale) di chi sta a sinistra del Pd: è in prigione perché secondo l’accusa avrebbe partecipato a una violentissima aggressione del suo gruppo militante antifa di appartenenza (la Banda del martello) contro due militanti di estrema destra. Come non ricordare quegli slogan mortiferi degli anni di piombo – “Uccidere un fascista non è un reato” – quando si punta all’immunità europarlamentare (retroattiva?) per far uscire una compagna ingiustamente imprigionata?

E sì, perché – lo ribadiamo – la casa della democrazia è a sinistra. Esclusivamente. Guai ad affermare il contrario, altrimenti si è automaticamente accusati di essere fascisti. La logica retrograda degli antifascisti in assenza di fascismo è tale da far scatenare le consuete pavloviane reazioni pure contro Vannacci. Ma il generale e la Lega di Salvini sono espressione di pluralismo e libertà. Altro che Pd e Avs.

Dal canto suo, l’alto ufficiale fuga ogni dubbio sul fatto che la sua candidatura sia divisiva nel Carroccio: “Sono discussioni assolutamente legittime nell’ambito di un partito, risolveranno le loro problematiche all’interno del partito. Vado avanti per la mia strada rappresentando quei valori di patria, confini, sicurezza, identità che ritengo sovrapponibili a quelli del partito con il quale mi candido come indipendente e che ritengo basilari in Europa”. Scusate, il programma della Salis qual è?


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