VERDE COME I DOLLARI – Il papa americano che preoccupa Trump?
L’elezione di Leone XIV al soglio pontificio ha colto molti di sorpresa: il primo Papa americano della storia, subito acclamato da Donald Trump, ma tutt’altro che in linea con le aspettative degli ultraconservatori d’oltreoceano. La sua figura potrebbe rivelarsi una spina nel fianco per il presidente USA, soprattutto nel cuore dell’elettorato cattolico statunitense.
Leone XIV viene dal Midwest rurale, ma ha trascorso gran parte della sua vita in missione tra le comunità più vulnerabili dell’America Latina. È un uomo che conosce le contraddizioni dell’impero dall’interno e le ferite dell’ingiustizia dal basso. Teologicamente agostiniano, convinto pacifista, crede nella radicalità evangelica della misericordia, nella nonviolenza e nella giustizia sociale.
Le sue prime dichiarazioni sono state non proprio accomodanti con la Casa Bianca. Prima di essere eletto al soglio pontificio, aveva già polemizzato con delle affermazioni del vicepresidente Vance, rilanciando un articolo critico sulle posizioni cattoliche di quest’ultimo, dal titolo: “Vance sbaglia”. Un intervento inaspettato, che rompe il tradizionale riserbo della Santa Sede verso la politica interna americana, ma che potrebbe evidenziare una precisa volontà: riprendersi la voce della coscienza cristiana, sottraendola alla strumentalizzazione ideologica. E poi ci sono state le sue prime parole da pontefice, quel riferimento ripetuto alla “pace”, quasi metaforico.
Le posizioni di Prevost sulle questioni sociali sono evidenti già dalla scelta del nome, con il chiaro riferimento all’enciclica Rerum Novarum di Leone XIII. Quel testo, pubblicato nel 1891, fu la pietra miliare della dottrina sociale della Chiesa, nato in risposta agli squilibri della rivoluzione industriale e incentrato sulla dignità del lavoro. Oggi, Leone XIV riparte da lì, ma con uno sguardo puntato sulle sfide del presente: la transizione tecnologica, la disumanizzazione del lavoro, l’impatto dell’intelligenza artificiale. Non si tratta solo di aggiornare il pensiero sociale cattolico: si tratta di riaffermare che la persona viene prima del profitto, e che il Vangelo non è compatibile con la legge del più forte, nemmeno se travestita da innovazione. Il riferimento polemico sono proprio i nuovi multimiliardari tech americani, a partire da Elon Musk.
Sul piano geopolitico, il nuovo Papa ha già fatto sentire la sua voce invocando un cessate il fuoco immediato a Gaza e una de-escalation in Ucraina. Ha criticato apertamente l’ipocrisia delle potenze che predicano la pace mentre alimentano l’industria bellica, e ha chiesto una “diplomazia del dolore condiviso” come unica via per una riconciliazione vera. Parole che difficilmente troveranno eco tra i sostenitori dell’America armata fino ai denti e impermeabile al dialogo.
In un momento in cui Trump cerca di ricompattare il voto cattolico attorno a una visione muscolare, identitaria e revanscista, la voce di Leone XIV rischia di essere un controcanto potente e autorevole. È “uno di loro” – americano, bianco, figlio della working class – ma che rifiuta le lusinghe del potere e propone un cristianesimo disarmato, umile e rivoluzionario.
Trump ama i simboli e odia le autorità morali che non può controllare. E Leone XIV sembra nato per essere inafferrabile. Un Papa che parla come un pastore, pensa come un teologo, ragiona da matematico e speriamo si muova con abilità in un mondo sempre più guidato dalla paura.
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