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“La violenza economica è spesso mascherata da amore e cura”. Intervista all’on. Martina Semenzato

di Priscilla Rucco -


La violenza economica è spesso mascherata da amore e cura. Si fatica a vedere il confine tra l’aiuto e il controllo”. Un tema che si intreccia con la necessità di educazione emotiva e di una rete vigile, a partire dagli istituti scolastici: “La scuola è una sentinella. I ragazzi vi trascorrono la maggior parte del tempo e possono trovare adulti in grado di riconoscere i segnali di disagio”. Così l’onorevole Martina Semenzato (Noi Moderati), presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio e su ogni forma di violenza di genere, in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, ha raccontato a L’Identità il suo impegno nella tutela dei diritti delle donne e nella costruzione di strumenti concreti di prevenzione. Da anni al lavoro per contrastare ogni forma di abuso — dal femminicidio alla violenza economica, psicologica e digitale — Semenzato richiama l’attenzione su dinamiche spesso invisibili.

Perché la violenza economica viene ancora considerata una forma “minore” di maltrattamento?

La violenza economica è prevista dall’articolo 3 della Convenzione di Istanbul, ma rimane una delle forme più sottovalutate. Non lascia segni visibili, non provoca lividi che possano essere fotografati. Eppure è spesso la prima radice dell’escalation che conduce all’isolamento, alla violenza psicologica, a quella sessuale e infine a quella fisica. È un controllo che appare innocente, ma che lentamente toglie autonomia e libertà.”

In che modo si manifesta concretamente?

“Si presenta con atteggiamenti apparentemente premurosi: ‘Resta a casa, mi occupo io di tutto’, ‘Non serve che tu lavori’, ‘Il conto corrente lo gestisco io’. Nel tempo questi gesti diventano strumenti di dominio. Molte donne lavorano senza stipendio nelle aziende familiari o firmano atti finanziari senza comprenderne i rischi, ritrovandosi poi indebitate o prive di contributi previdenziali. Una donna su tre non possiede un conto personale: questo dato basta a capire quanto la dipendenza economica sia diffusa.”

Perchè è così difficile accorgersene in tempo?

“Perché si intreccia con i sentimenti. La violenza economica è spesso mascherata da amore e cura. Si fatica a vedere il confine tra l’aiuto e il controllo. E quando ci sono figli, la paura di non farcela rende ancora più complicato rompere la catena. Il 62% delle donne che si rivolge ai centri antiviolenza non ha un’autonomia finanziaria sufficiente per immaginare una vita alternativa.”

Quali sostegni hanno a disposizione le donne che denunciano?

“Esistono misure concrete: il reddito e il microcredito di libertà, che abbiamo stabilizzato e potenziato; l’assegno di inclusione; la possibilità di chiedere il trasferimento lavorativo o di sospendere il mutuo; gli incentivi alle aziende che assumono donne vittime di violenza. Sono strumenti pensati per non far sentire nessuna donna senza via d’uscita.”

Quanto è importante la rete sociale in questi percorsi?

“È essenziale. Denunciare non è solo un atto giuridico, è un gesto di rinascita. Ma la vittima non può essere lasciata sola: famiglia, amici e vicini hanno un ruolo decisivo. La legge riconosce che chi assiste a una violenza può e deve denunciare. Non possiamo più accontentarci di dire ‘sapevamo ma non pensavamo di poter intervenire’. Il silenzio ci rende complici.”

Quale ruolo deve avere la scuola nella prevenzione della violenza di genere?

“La scuola è una sentinella. I ragazzi vi trascorrono la maggior parte del tempo e possono trovare adulti in grado di riconoscere i segnali di disagio. È fondamentale il dialogo tra scuola e famiglia: non possiamo pensare alla scuola come a un’istituzione separata. L’educazione civica oggi affronta temi come l’empatia e il rispetto, e l’87% dei progetti realizzati ha cambiato in meglio i comportamenti degli studenti.”

Il body shaming è un’altra forma di violenza psicologica molto diffusa: perché ha scelto di occuparsene con una legge dedicata?

“Perché il body shaming colpisce in profondità l’autostima, soprattutto dei giovani, ed è alla base di discriminazioni e bullismo. Ho voluto istituire il 16 maggio come Giornata nazionale contro il body shaming per stimolare processi di consapevolezza. Non cambia tutto in un giorno, ma attiva scuole, famiglie, terzo settore e istituzioni in un percorso comune di educazione al rispetto. Ho scelto il colore fucsia perché rappresenta autodeterminazione e coraggio.”

Quali saranno i prossimi passi della Commissione d’inchiesta sul femminicidio?

“Stiamo concludendo l’inchiesta sulla violenza economica e quella sul diritto comparato. Lavoriamo su 17 punti strategici, che includono i braccialetti elettronici, la violenza online, il ruolo dei media, la formazione obbligatoria per magistrati e operatori sanitari. Il 25 novembre sarà discusso in Aula un provvedimento che introduce il reato autonomo di femminicidio e rafforza le misure cautelari, rendendo più tempestive le tutele.”

Che segnali arrivano dai dati più recenti?

“Gli omicidi di donne sono diminuiti del 20% e i reati in ambito familiare del 24%. Non sono dati che ci fanno festeggiare: saremo soddisfatti solo quando non ci sarà più alcuna donna uccisa. Ma dimostrano che norme più forti, formazione e prevenzione stanno producendo effetti concreti.”


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