Attualità

Re Carlo non spara più (a caccia): noi, invece ogni tanto le spariamo

La tradizionale battuta di caccia del Boxing Day a Sandringham è a rischio a causa della carenza di fagiani.

di Nicola Santini -


Nella tenuta di Sandringham, Re Carlo III medita: il sovrano dal pollice verde, nemico della plastica e amico degli scoiattoli, ha deciso di dire addio alla caccia.

Re Carlo dice addio alla caccia: il problema? I fagiani

Non perché gli siano improvvisamente cadute le braccia o sia stato colpito da un’improvvisa illuminazione sulla sacralità della vita animale, ma – dicono – per rispetto verso la fauna selvatica. Cioè, traducendo terra terra: i fagiani scarseggiano, e siccome non ce n’è abbastanza da fare il tiro al piccione coi principi, Carlo fa il sostenibile. Applausi. La notizia è di quelle che fanno titoli su Elle, non sul Financial Times, ma poco importa. Il Re d’Inghilterra, quello che parla alle piante e ha un rapporto più stretto con la biodinamica che con Camilla, ha voltato le spalle al fucile. C’è chi dice per non offendere la regina consorte, sensibile al tema. Altri mormorano che, dopo anni di pallottole su ogni fagiano a tiro, ormai nei suoi boschi volino solo i droni del controspionaggio.

E allora ecco la svolta: Carlo non caccia più, e diventa santo patrono delle pernici sopravvissute. C’è da dire che, tra i nobili britannici, ammazzare qualcosa è sempre stato più una questione di stile che di necessità. Eppure oggi il Re ecologista fa notizia perché non fa niente. Non uccide. Non spara. Non si sporca. Vive a corte e medita sulla biodiversità col bicchiere di whisky in mano, mentre il resto del mondo si accapiglia tra chi difende le tradizioni e chi le vorrebbe riscrivere col pennarello verde.

Re Carlo non spara più: noi invece…

E da noi che succede? Noi restiamo lì, in mezzo al guado. Da una parte i nostalgici della doppietta e della polenta col cinghiale, dall’altra gli amanti dei boschi inviolati, delle giornate ecologiche e dei documentari con la voce di Angela, Piero o Alberto purché sia. In Italia si discute, si propone, si protesta, e forse è anche questo – nel bene e nel male – il bello del nostro Paese: riuscire a tenere insieme il bracconiere e il bradipo, il cacciatore e il cavaliere senza fucile. Almeno per ora.


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