Attualità

Sicurezza, lavoro e cittadinanza: quello che non si può cambiare con un referendum

di Giuseppe Tiani -


Stiamo vivendo una fase storica ove il vuoto culturale e il crollo delle ideologie, hanno svuotato il valore e il contenuto di molte cose nell’interpretare i bisogni della società. La rappresentanza politica e delle confederazioni sindacali incrostate d’orpelli d’inaridita utopia, hanno messo da parte la cultura più autentica delle lotte sociali che contribuirono a dare dignità ai lavoratori, avendo stimolato in illo tempore un processo politico e istituzionale che rendesse uomini e donne e ogni persona uguale sul piano dei diritti e delle opportunità. Ma ahimè è stato disperso il senso della dimensione del reale e della funzione, la mancanza di una rinnovata identità culturale che non può fondarsi sull’inconsistenza della moda woke. Diversamente, i cittadini chiedono allo Stato sicurezza collettiva, sociale e risposte concrete, per un equilibrio armonico tra la società e le istituzioni, e non slogan impropriamente recuperati dagli impolverati depositi dei dispersi valori della civiltà contadina, che non esiste più al pari del muro di Berlino.

Il sistema dei partiti e quelli all’opposizione in particolare, sfibrati dal continuo adattamento alle mode dai capricci del leader del momento e dall’ esercizio del potere fine a sé stesso, ha reso immutabile la propria rappresentanza parlamentare, caratterizzata da staticità e cultura nepotistica distante dal quotidiano. Fenomenologie che hanno opacizzato l’identità della sinistra politica offuscando la capacità di lettura della società, delle sue mutazioni più profonde e le dinamiche che ne sono scaturite, avendo reciso il fil rouge con il comune sentire della popolazione, i cui disagi non possono essere interpretati dai piccoli salotti di chi si sente la nuova borghesia del paese, che i loro padri avevano contestato e avversato, emancipandosi.

Il referendum sul lavoro e la cittadinanza, tema, quest’ultimo, percepito come strettamente connesso alla sicurezza e al degrado urbano, è stato ammantato di valore politico partitico più che una battaglia civile per i diritti, avendo trasmesso l’idea di una competizione per la leadership di quella parte del paese che non condivide le politiche di Governo. Ma il referendum ha sancito la crisi e le contraddizioni del sindacato che pur riconoscendo la sconfitta, ha fatto deflagrare l’unità sindacale e l’opposizione, rendendo plastica la fallimentare capacità di lettura delle priorità dei disagi e dei problemi di cittadini e lavoratori.

Incomprensibile per tutti, nonostante le oggettive criticità del lavoro esposte attraverso i quesiti referendari, ma la legge sul Jobs Act risale al 2014, il referendum viene indetto dopo 11 anni e tra l’altro sostenuto dal partito che ne fu promotore, in sintesi un referendum contro sé stessi.

La crisi del sistema politico e le sue contraddizioni sono la crisi del Paese, che ha bisogno di crescere ed evolversi, per far fiorire una nuova stagione di pedagogia civile e sociale, il degrado che viviamo nella volgare interpretazione dello spirito pubblico, dei costumi, del credo religioso e degli strumenti della democrazia, tra cui l’istituto referendario, richiedono risposte concrete e non vacui slogan sulla crisi democratica. Perché e il peso delle crisi quella reale e dell’inadeguatezza di stipendi e salari o della sicurezza sul lavoro ricade sempre sui soliti noti, i lavoratori e tra questi ci sono gli operatori delle forze di polizia.

Confusione, contraddizioni, ritardi e l’aperto conflitto del potere giudiziario con gli altri poteri dello Stato, hanno eroso e intaccato la fiducia nelle pubbliche funzioni. I cittadini in un continuo turbamento delle coscienze, per le azioni contrarie alla morale, alla decenza e al senso di giustizia della popolazione, non credono più al valore degli strumenti democratici affidati al popolo specie quando usati impropriamente.

Per ciò che attiene alla cittadinanza, un elettore su tre ha scelto il no, mentre per il lavoro c’è stata la vittoria del sì tra i cittadini che hanno scelto di votare. Il Governo non si conquista attraverso la somma o la lettura di percentuali varie o affini, ma attraverso credibilità, dialogo e una visione chiara e non modaiola della società e dei comparti del mondo dei lavori e dell’economia e non di una sola parte di essi, la democrazia dell’alternanza richiede una opposizione che sia coerente con la storia di ogni partito e non contraddittoria.

Per poter affrontare, come Paese, le sfide in seno all’Europa, ove ci sono Stati che hanno introdotto un sistema di corti islamiche, registro dei matrimoni celebrati in moschea o dagli imam secondo il Corano, e le cronache segnalano la sharìa in diversi luoghi del Paese contro i principi chiarissimi della nostra Costituzione, è chiaro che gli italiani la cittadinanza non la regaleranno.


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