Editoriale

La storia edificante della Virtus Bologna

di Adolfo Spezzaferro -


Una storia edificante che unisce sport, vittoria, generosità, spirito di squadra e tanto tanto affetto. È quella della Virtus Segafredo Bologna, che ha vinto per la diciassettesima volta il campionato italiano di pallacanestro (contro il Brescia) e ha portato la coppa del campionato ad Achille Polonara, il giocatore bianconero di 33 anni ricoverato all’ospedale Sant’Orsola Malpighi per una leucemia mieloide. “Te l’avevamo promesso e te l’abbiamo portata. Forza Achille”, ha scritto la società bolognese sui social.

In una foto pubblicata sul profilo Facebook della Virtus, si vedono il capitano Marco Belinelli, il miglior giocatore delle finali, Toko Shengelia e Alessandro Pajola, anconetano come Polonara. “Siamo campioni d’Italia”, ha urlato Achille affacciato dalla finestra della sua camera all’ultimo piano del padiglione di ematologia. Tenendo tra le mani la Coppa dello scudetto. “Se posso permettermi di darvi un consiglio: apprezzate quello che avete perché vi assicuro che non so che farei per stare con la mia famiglia, con i miei amici, per fare una passeggiata e tante altre semplici cose che sembrano scontate ma sono momenti preziosi”. Parola di Achille, ala della Virtus e della Nazionale italiana, che rompe così il suo silenzio, con un lungo e toccante post social. “Vorrei festeggiare il mio primo scudetto italiano che i miei compagni e lo staff mi hanno regalato giocando una finale straordinaria ma purtroppo non si può – si legge nel post -. Sono stati, sono e saranno giorni difficili per vari motivi: la notizia della malattia, la paura, il pensiero di dover stare lontano dai miei figli per un lungo periodo. Ma nonostante tutto cerco di guardare le cose in maniera positiva. Vorrei anche solo per un secondo abbracciare o salutare un sacco di persone, ma in questa situazione non mi è possibile. Siamo campioni d’Italia 2025, ora ci sarà la sfida più tosta, più impegnativa ma sono sempre stato un ragazzo competitivo e sono pronto ad affrontare questa malattia”.

Lo spirito giusto, quello dello sportivo, del compagno di squadra, di chi ha la forza di affrontare anche le sfide più difficili. Una vicenda esemplare che una volta tanto ci rende orgogliosi e tutti un po’ più buoni, come si suol dire. Ma è anche un monito: non sprecare le occasioni, non perdere tempo, non anteporre noi stessi alla comunità.


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